Berlusconi nel salotto di Fazio: una convention per il mio erede
«Sono incandidabile, conoscete la mia età, però nessuno si è fatto vivo»
a prescindere dai diretti interessati. Ma degli «schemi» legati ai nomi stessi. Per esempio, tra gli azzurri, è già in corso una sfida sottotraccia tra chi difende le ragioni di un’alleanza «paritaria» con la Lega e chi, al contrario, vorrebbe lanciare il guanto di sfida a Matteo Salvini.
Della prima scuola di pensiero fa parte Giovanni Toti, costi battezzare — «Nella mia vita tante volte mi hanno detto che stavo tentando un’impresa impossibile, e invece ho sempre portato tutto a termine...» — lui sa che non potrà essere il leader: «Sono incandidabile, e conoscete la mia età... Potrà dare una spinta a questo sogno, ma ci sono personaggi di FI e no che potranno guidare questa coalizione». Chi, non si sa: «Non siamo in una monarchia, è il popolo che decide a chi affidarsi. Un mio erede? Mai pensato, non si è fatto vivo, se c’è si faccia avanti. Il carisma o lo si ha o non lo si ha. Il metodo di scelta? Magari una o più convention come in America». Ma non sembra un cammino facile se alcuni che potrebbero far parte del progetto » — Alfano, Fitto — vengono attaccati a testa bassa: «Sono professionisti della politica, pensano solo al proprio tornaconto, allo stipendio, trattano i partiti come taxi... Alfano? È attaccato alla sua poltrona con molto affetto...». che non a caso è finito nel totonomi sulla successione. «E per questo » , scherzava con gli amici ieri il candidato governatore della Liguria, «devo senz’altro ringraziare Renzi, che mi attacca sempre». Renzi o non Renzi, il consigliere politico dell’ex premier sta tessendo una sua tela politica. Due giorni fa ha incontrato il coordinatore del Nuovo centrodestra Gaetano Quagliariello. E, nei prossimi giorni, sarà protagonista di comizi con Salvini (domani), Berlusconi (mercoledì) e Giorgia Meloni (giovedì).
Morale della favola? Se l’esito delle Regionali costringesse FI ad avviare un «percorso federativo» con gli altri alleati,
Difficile sembra pure trasmettere agli italiani il brivido di un nuovo programma. C’è un’apertura sui diritti civili: «È giusto che fidanzati dello stesso sesso possano assistere il compagno in ospedale o lasciare un’eredità». E c’è il rilancio della «rivoluzione liberale» di cui lui stesso parla da 20 anni, l’unica possibile per il paese e fatta di «riforma della burocrazia, del sistema fiscale, della giustizia». Riforme che potrebbe tornare a trattare con Renzi se volesse, ma così non sarà: «Un nuovo Nazareno? Lo escludo, mi spiace ma è così. Quello non era un contratto con delle regole, ma un metodo che consisteva nel lavorare insieme per cambiare le istituzioni. Abbiamo accettato anche cose inaccettabili in nome di quel metodo, ma poi Renzi ci ha imposto la scelta sul capo dello Stato, ha deciso tutto da solo». Questa sembra una fine vera, sul resto si vedrà.
Escludo un nuovo Nazareno: era un metodo per lavorare insieme, poi Renzi ha deciso da solo Persone come Fitto e Alfano pensano solo allo stipendio, trattano i partiti come taxi Il no di Marina, la tentazione di Barbara e per ora Mara prende tempo Sul successore è già guerra tra fazioni
difficile non pensare a lui come «portabandiera azzurro». O a Mara Carfagna, che ieri — durante l’Intervista con Maria Latella su SkyTg24 — ha preso di petto le voci su una sua candidatura («Non si tratta di ambizione personale») chiarendo In tv Mara Carfagna, responsabile dei diritti in Forza Italia, ieri ospite di Maria Latella su Sky Tg24 non a caso che «dobbiamo capire se dobbiamo ricostruire il centrodestra e anche che cosa vuole Salvini».
Ma contro questa scuola di pensiero, dentro Forza Italia già si muovono quelli che non vogliono rischiare di finire «subalterni» alla Lega. In cima alla lista c’è la falange lombarda, di cui fanno parte Paolo Romani e Mariastella Gelmini. Per loro, del successore di Berlusconi conta soprattutto il cognome. Che dev’essere «Berlusconi», poco importa se Marina (che rifiuta) o Barbara (dec i s a m e n te p i ù te n t a t a dall’ipotesi). In fondo, è l’unico antidoto per evitare che FI accetti di mettere in palio la leadership del centrodestra alle primarie. Col rischio di doverla cedere a Salvini. È un rischio a cui pensa anche l’ex premier. Che infatti, per tranquillizzare i suoi, l’ha detto anche da Fabio Fazio: «Il mio erede, per ora, non s’è ancora fatto vivo».