Corriere della Sera

Il rifiuto di Gm e la strategia di Marchionne: alleanze necessarie

- DAL NOSTRO INVIATO Massimo Gaggi

La General Motors respinge la proposta di fusione con Fiat-Chrysler avanzata da Sergio Marchionne, ma quella dei manager di Detroit sembra solo la prima mossa di una partita che sarà lunga e i cui esiti non sono scontati. L’indiscrezi­one pubblicata dal «New York Times», firmata dal giornalist­a più autorevole del quotidiano nel settore dell’auto e significat­ivamente non smentita dai due gruppi, conferma che il capo di FCA è deciso a sostenere in tutte le sedi la necessità di una integrazio­ne tra i maggiori gruppi automobili­stici mondiali. Marchionne ne ha cominciato a parlare al Salone dell’auto di Detroit, a gennaio, poi è tornato più volte sull’argomento, dal salone di Ginevra alla conferenza con gli analisti finanziari sulla trimestral­e FCA: un appuntamen­to che il capoaziend­a dedicò quasi completame­nte all’esame delle sfide di mercato e regolament­ari (nuove norme sui consumi che vengono introdotte in modo differenzi­ato nelle varie parti del mondo) che impongono volumi di investimen­ti gigantesch­i che nessun gruppo è in grado di sostenere da solo. Ma i vertici dei maggiori gruppi automobili­stici mondiali – Ford, Toyota, General Motors – finora hanno risposto di non essere interessat­i a fusioni. Perché allora Marchionne insiste? Perché trapela proprio ora la notizia di un’offerta (inoltrata via email due mesi fa) per l’apertura di un negoziato con General Motors alla quale il gruppo guidato da Mary Barra ha risposto con un brusco rifiuto? Forse ha ragione l’analista di Morgan Stanley, Adam Jonas, che a fine aprile, dopo aver ascoltato la requisitor­ia del capo di FCA intitolata «Confession­s of a Capital Junkie» e aver visto la sua presentazi­one «power point», scrisse nel suo rapporto che Marchionne non parlava agli analisti ma agli azionisti dei gruppi automobili­stici. Oggi sul mercato americano splende il sole, mentre in Europa c’è un po’ di ripresa: non sorprende che gli amministra­tori delle Case dell’auto, preoccupat­i dei risultati immediati, lascino cadere il tema delle ristruttur­azioni. Ma gli azionisti sanno bene che prima o poi la congiuntur­a cambierà e che dovranno finanziare investimen­ti imponenti, mentre un consolidam­ento capace di ridurre il fabbisogno finanziari­o potrebbe aumentare in modo sostanzial­e il rendimento del capitale. La Barra, che tra l’altro è un manager industrial­e senza esperienza di negoziati, può anche dire “no”.

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