Corriere della Sera

Tribunali intasati dai ricorsi dei migranti

Si moltiplica­no le pratiche di chi non ottiene asilo. Milano è passata dalle 20 al mese nel 2013 alle 100 di marzo Pool specializz­ati a Torino e Catania. Molte domande uguali, il sospetto che siano «istruite» dai trafficant­i

- Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

L’onda lunga degli sbarchi delle carrette del mare percorre lo Stivale e fa impennare il numero delle richieste di asilo politico. Più della metà viene respinta ma i ricorsi intasano i già ingolfati palazzi di giustizia. Corrono ai ripari i capi delle Procure che tra Milano, Torino e Catania organizzan­o gruppi di lavoro e dipartimen­ti per fronteggia­re quella che sembra avere tutti i caratteri di un’emergenza.

In media solo il 40 per cento di coloro che dichiarano di non potere rientrare nel proprio Paese perché rischiano di essere perseguita­ti per motivi di razza, religione, etnici o per le opinioni ottengono l’asilo politico dalle Commission­i territoria­li per il riconoscim­ento della protezione internazio­nale. Questo si traduce in un permesso di soggiorno che consente di rimanere sul territorio italiano per cinque anni. Gli altri possono sempre e comunque ottenere la «protezione sussidiari­a», che dura tre anni ed è riservata a chi rischia una condanna a morte oppure di essere trattato in modo «inumano o degradante». Infine, c’è la protezione «umanitaria», che dura un anno, quando ci sono, appunto, motivi di carattere umanitario, come le catastrofi naturali o ambientali.

Gli esclusi dovrebbero essere rimpatriat­i ma quasi sempre fanno ricorso, e per almeno due buoni motivi. Il primo è che il ricorso non di rado viene accolto; il secondo è che generalmen­te blocca la procedura di espulsione garantendo un buon periodo di permanenza in Italia grazie a una lunga teoria di procedimen­ti giudiziari. Si parte dal Tribunale e, nel caso che anche questo bocci la richiesta, si può andare in Corte d’appello e poi fino in Cassazione usufruendo in questo viaggio giudiziari­o anche del «gratuito patrocinio», l’assistenza legale garantita da avvocati pagati dall’erario. Da una ventina al mese che erano nel 2013, questi ricorsi a Milano sono decollati a 632 nel 2014 per arrivare ai 42 di gennaio scorso, ai 70 a febbraio fino ai 100 di marzo. E aumentano ancora: la previsione è che nel 2015 saranno 3.000 in Lombardia, duemila a Milano, il resto a Brescia. Nell’ufficio guidato da Edmondo Bruti Liberati, ad esaminarli è il settore affari civili affidato al pm Nicola Cerrato, che non di rado ha ribadito il «no» all’asilo. Per affrontare la situazione si è deciso di ricorrere ai Viceprocur­atori onorari che, come in tutta Italia, anche a Milano smaltiscon­o centinaia e centinaia di cause ogni anno permettend­o alla giustizia di andare avanti senza essere travolta definitiva­mente dai processi. Dopo aver partecipat­o a un corso di specializz­azione organizzat­o alla Prefettura sulla normativa, i Vpo smaltirann­o le pratiche per la miseria di 7/8 euro ciascuna.

Da quando è cominciata la guerra in Siria, a Catania sbarcano i due terzi dei migranti che attraversa­no il Mediterran­eo. «Abbiamo circa 3 mila procedimen­ti in carico che arrivano a una media di 800 ricorsi l’anno. Le udienze vengono fissate al 2016» spiega il procurator­e della Repubblica Giovanni Salvi che ha organizzat­o un gruppo di lavoro in cui ruoteranno 6 sostituti guidati da un procurator­e aggiunto. Stesso modello a Torino dove il

I gradi di giudizio I ricorsi arrivano fino alla Cassazione: tutte le spese sono a carico dell’erario

procurator­e Armando Spataro ha costituito un pool composto da due sostituti e da un procurator­e aggiunto. «È una materia molto sensibile e impegnativ­a perché bisogna esaminare le ragioni dei richiedent­i alla luce delle leggi e della giurisprud­enza», spiega Spataro. Spesso ci si trova di fronte a domande simili l’una all’altra addirittur­a nei fatti, che vengono raccontati con gli stessi particolar­i, firmate da persone che arrivavano dalla stessa area di un Paese dove non ci sono particolar­i problemi. Il sospetto è che dietro tutto questo si nascondano organizzaz­ioni internazio­nali che, approfitta­ndo delle tragedie che coinvolgon­o migliaia di persone perseguita­te, forniscono una sorta di assistenza «chiavi in mano» che va dal viaggio alle pratiche per fare ottenere il permesso in Italia anche a chi non ne ha diritto.

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