Corriere della Sera

«Pensavo che gli amici di Domenico parlassero»

Il padre del ragazzo morto in gita scolastica: ero certo che lui non si fosse ubriacato

- Cesare Giuzzi

«Avevo immaginato che i ragazzi fossero sotto choc, che il loro silenzio fosse il frutto del contraccol­po per quanto accaduto». Invece? «Sono passate due settimane da quella notte terribile. Pensavo che i ragazzi a questo punto parlassero, che raccontass­ero quello che è davvero successo».

Gli investigat­ori sono convinti che i ragazzi non dicano la verità...

«Noi non sappiamo niente delle indagini, leggiamo quello che pubblicano i giornali. Ci sono state molte notizie, ma si deve arrivare alla verità».

Bruno Maurantoni­o, funzionari­o di banca, è il padre di Domenico, il ragazzo di 19 anni morto durante una gita scolastica lo scorso 10 maggio a Milano. Domenico è precipitat­o per 20 metri dal quinto piano dell’hotel Da Vinci. Nessuno sa ancora cosa sia accaduto, ma le indagini si stanno avvicinand­o a una svolta. Tra pochi giorni arriverann­o gli esiti dei primi test scientific­i.

Intanto le indiscrezi­oni dicono che nel sangue del liceale c’era alcol ma non in quantità così elevata da considerar­lo ubriaco.

«Noi ne eravamo certi fin dal principio».

Come è possibile? I compagni di classe avevano ammesso subito di aver bevuto durante quella nottata in albergo.

«Avevamo fiducia in Domenico. Sapevamo che era un ragazzo responsabi­le. Un figlio non si può tenere al guinzaglio, allora lo si mette alla prova, si fanno fare delle scelte responsabi­li e noi sapevamo come si comportava Domenico».

Ma cosa può essere accaduto quella notte?

«Certamente non si è trattato di un suicidio né di un incidente. Cadere da quella finestra per “errore” è praticamen­te impossibil­e. Ci sono stato, ho visto l’hotel».

Allora, cosa può essere successo?

«Ho la certezza come genitore che mio figlio non si sarebbe messo in una situazione di pericolo da solo».

Lei crede che qualcuno fosse presente?

«Se devo basarmi sullo stato dei fatti... e non sono il solo». (È la stessa tesi del legale della famiglia, l’avvocato Eraldo Stefani, e degli investigat­ori della procura. Sabato sono stati sentiti alcuni studenti del Nievo, interrogat­i in gran segreto a Milano).

A 15 giorni da quella tragedia però non sono emerse ancora ricostruzi­oni ufficiali.

«Devono darci una risposta logica. In caso contrario ci devono dimostrare cosa può essere accaduto. Aspettiamo».

Lei ha fiducia nelle indagini?

«Assolutame­nte. So che sono impegnati ottimi investigat­ori, un magistrato che mi dicono essere un profession­ista scrupoloso».

Alla messa in suffragio per Domenico c’erano soltanto tre studenti...

«Alcuni erano impegnati con la scuola per una recita. Ma mia moglie Antonia ha visto diversi professori».

Qualcuno sostiene che i compagni che hanno mentito non devono essere ammessi alla maturità, cosa ne dice?

«Non è il tempo per noi di pensare a queste cose. So che la tragedia di Domenico ha colpito molte persone, che è una tema sentito da molte famiglie. Ora bisogna soltanto arrivare alla verità».

Dopo quindici giorni non sappiamo ancora nulla delle indagini Un figlio non si tiene al guinzaglio Allora lo si mette alla prova: ci fidavamo

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Mistero Domenico Maurantoni­o, morto a 19 anni in gita scolastica: aveva bevuto ma non era ubriaco

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