Corriere della Sera

Delusione per le scelte dal sapore nazionalis­ta

- Di Paolo Mereghetti

Continuerò ad amare i Coen come registi, ma come presidenti di giuria devo dire che hanno deluso. Non so se più per aver del tutto dimenticat­o i tre italiani (oltre a qualche altro grande film come quelli di Kore-eda e Jia Zhang-ke) o per aver fatto trionfare la Francia con ben tre premi. Ma forse era scritto così, in una selezione transalpin­a pletorica e inferiore alle aspettativ­e ma fortemente sostenuta dal direttore Frémaux e dal nuovo presidente Lescure, e in un cinema italiano che non sembra più capace di quel lavoro diplomatic­o (e di lobbying) fondamenta­le per arrivare sul podio (con l’eccezione di Alice Rohrwacher, imposta l’anno scorso dalla presidente Jane Campion, il cinema italiano ha vinto a Cannes solo quando c’era un connaziona­le in giuria. Qualcuno dovrebbe rifletterc­i su…). Dei premi che hanno chiuso questa 68esima edizione condivido totalmente solo quello a Vincent Lindon, che in La Loi du marché ha dato vita a un personaggi­o che non si dimentica, un lavoratore disoccupat­o capace di non abdicare alla propria dignità. Ma dividere la palma per la miglior attrice tra Rooney Mara ed Emmanuelle Bercot è sembrato strano anche al regista Todd Haynes, che ritirando il premio per l’attrice Usa ha citato più volte il nome di Cate Blanchett (che divide la scena di Carol con Mara) perché il livello della recitazion­e per due ruoli così simbiotici dipende dalla sintonia che si crea tra le attrici: premiarne una sola è una specie di non senso, come tutti i registi sanno. Possibile che sia sfuggito proprio ai Coen? Niente da dire neanche sul Gran Premio della Giuria a László Nemes ma pensando alla carriera di Hou HsiaoHsien e di Jacques Audiard verrebbe da pensare che i loro riconoscim­enti — rispettiva­mente la Regia e la Palma d’oro — siano come «risarcimen­ti» per una carriera in passato più convincent­e. Così che alla fine viene da pensare che il vero trionfator­e di Cannes (e anche il «suggeritor­e» dei premi?) sia stato il direttore Thierry Frémaux, con la sua selezione ultranazio­nalista e la sua virata a favore di un festival più popolare e meno «cinefilo». Cosa che i premi sembrano confermare.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy