Un anno da nonno in vacanza: non c’è posto per il Milan
Anche se quella vecchia lenza di Adriano Galliani ha lavorato con puntiglio per mettergli un po’ di pressione addosso, Carlo Ancelotti è intenzionato ad opporre un fiero e virile niet al corteggiamento di ritorno del suo vecchio club, quello che più di ogni altro ha marcato la sua vita nel pallone. È dunque probabile che stasera, nel corso del rendez vous madrileno, il tecnico in attesa di essere licenziato dal Real Madrid si rifugi in trincea a difesa della sua voglia di libertà, un anno lontano dal logorio del calcio moderno.
Al fixing di ieri pomeriggio le possibilità che Carletto nostro possa cedere alla mozione degli affetti sbandierata da Galliani erano pari a zero. Nei suoi piani (di Carletto) l’unica concessione alle istanze del suo antico sodale rossonero potrebbe essere la cuenta, in parole povere c’è la disponibilità a farsi carico della cena.
Sono molteplici le ragioni di questa scelta esistenziale, il classico anno sabbatico cui si era già aggrappato Guardiola: fondamentale è risultato il peso (in termini di stress e di rotture di scatole) delle ultime due stagioni sulla panchina del Real. Colpa di un’asticella che, tanto i tifosi quanto l’incomparabile presidente Florentino Perez, vorrebbero ogni stagione più su. Così, anche se un anno fa Carletto era entrato di diritto nella galleria degli antenati madridisti conquistando la Decima, la decima Coppa dei Campioni che per il mondo Real era l’equivalente del vello d’oro per gli argonauti, Florentino e la sua corte hanno storto il naso di fronte alle «vacche magre» di questa annata sociale: soltanto una Supercoppa europea seguita dal Mondiale per club, pensa un po’...
Carletto vuole rifiatare un anno perché glielo chiedono la testa e il fisico. Carletto vuole mollare perché sta per diventare nonno e che cosa c’è di meglio di un nipotino per staccare la spina? È in questo scenario molto personale che va a innestarsi il pressing milanista. Ancelotti ha provato a smorzare gli entusiasmi di Galliani, sforzandosi di fargli comprendere come la sua stanchezza interiore si sommasse allo scarso appeal del progetto di rifondazione rossonero. Sa bene, Carletto nostro, che il Milan di oggi non è più il suo Milan. Quel Milan non esiste più e chissà se, scomposto com’è in due anime antitetiche, tornerà mai ad esistere. Spiacenti, il nastro del tempo non lo si può più riavvolgere.