Alfa 4C Spider La passione pura di stare al volante
BALOCCO (VERCELLI) Una sequenza di cartelli indica la velocità per affrontare un tornantino insidioso da seconda marcia. Bisogna rallentare dagli oltre 180 km/h ai 50 in un attimo, per chi non frequenta la pista è un passaggio impressionante. Alla fine del rettilineo arrivi corto in staccata, succederà altre volte. La potenza dei freni è sorprendente, così come tante altre cose dell’Alfa 4C Spider. Macchina «totale» costruita attorno al pilota. Non è uno slogan, appena metti le gomme sull’asfalto della pista di prova della Fiat lo scopri subito. Girare il volante privo di servosterzo con la forza dei muscoli, sedersi a pochi centimetri dall’asfalto dentro una vasca di carbonio, giocare con i comandi essenziali — niente touch screen, app o connessioni 4G — sono tutti gesti che rimettono l’uomo al centro. Al diavolo la guida autonoma, qui devi fare tutto da solo. Al massimo c’è il manettino: se metti l’impostazione Race, per esperti, inizi a disegnare pendoli. Con quella Dynamics tornano gli ausili elettronici e l’auto ti perdona gli errori. Emozioni primordiali. Sei solo con il vento, i cordoli e il tuono cupo degli scarichi. Su di un’Alfa indiavolata che sa farti godere ognuno dei 240 cavalli a disposizione.
Come la coupé, ma la scoperta forse è ancora meglio. Il tetto in tela va levato a mano, pesa 8 kg e s’infila in una sacca nel bagagliaio. Se piove ti fermi al primo autogrill e lo rimonti facile. Un piccolo spoiler nella parte alta del parabrezza protegge dai vortici d’aria quando si viaggia in modalità Targa. Anche questo è in carbonio. Risparmiare peso eliminando il superfluo è stato il compito dei progettisti. Ottimo lavoro, la spider è una piuma: 940 kg, 45 in più della sorella chiusa.
Costa 75 mila euro e finirà nel garage di intenditori e collezionisti — 2.700 gli ordini per la coupé in Europa, 3.500 il tetto di esemplari prodotti in un anno con il 91% delle vetture che finisce all’estero — ed è un altro biglietto da visita per il rilancio. «Raccoglie lo spirito del marchio e dei modelli del passato, come la 33 Stradale del 1967. Per l’approccio ingegneristico, per i materiali e il design — spiega Alberto Cavaggioni, il manager del progetto —. Incarna i valori che hanno fatto grande l’Alfa e sui quali stiamo costruendo il futuro».
Mentre spremiamo la 4C a Balocco quel futuro appare: prototipi travestiti da Maserati per confondere le acque testano la meccanica dell’Alfa che verrà. La berlina della riscossa, che sia Giulia o altro (il nome non è stato ancora deciso) è la scommessa più importante di tutte per Sergio Marchionne e per le migliaia di appassionati che attendono da tanto, troppo tempo, il «ritorno».