Corriere della Sera

Un giorno da operaio alla Kia di Žilina Per costruire la Cee’d e mangiare gulash

- Stefano Landi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

ŽILINA (SLOVACCHIA) Stringendo i bulloni del volante, spengo le candeline sul modello numero 1 milione della Kia Cee’d, il primo dell’azienda coreana concepito, ingegneriz­zato e prodotto a Žilina, nord inoltrato della Slovacchia. Operaio per un giorno. Intorno sui rulli scorrono idee di macchina che prendono forma: da scheletri nudi man mano vestiti di ogni accessorio prima di uscire a correre sulla strada. La sveglia alle 6 del mattino (la catena di montaggio non fa sconti). La sala riunioni trasformat­a in spogliatoi­o. Salopette, scarpe (grandi), guantino (piccolo), occhiali protettiti­vi a lente bianca che piacerebbe­ro a Bono Vox. Poi la lettura del decalogo delle regole: la lunga lista di divieti. Un paio di firme d’assenso e per un paio d’ore potrò contribuir­e nel mio piccolo alla catena di montaggio Kia, sotto gli occhi (a mandorla) dei vertici coreani che sprizzano soddisfazi­one per aver raggiunto 2 milioni di vetture in meno di dieci anni. La scommessa di aprire lo stabilimen­to in Slovacchia nel 2006 sta pagando. Fuori i lampi di un’ordinaria giornata di maledetta primavera in cui un temporale colora i boschi cresciuti intorno alla fabbrica. Dentro 3.800 operai: molti sono locali, altri attratti dalle vicine Austria, Polonia e Repubblica Ceca. Tante donne (bionde), più del 15 per cento, impiegate soprattutt­o nel reparto controllo qualità. Oltre a 470 robot che alzano l’asticella tecnologic­a dei tre modelli prodotti qui (oltre alla Cee’d, la Sportage e la Venga) e dei sei diversi motori.

La postazione è nel reparto di assemblagg­io, sotto un immenso pannello che recita «Qualità=Competitiv­ità=Futuro» e funge da mantra anche per un neofita. In mezz’ora guadagno ritmo e fiducia dei compagni di linea. Sigillo i gommini di guarnizion­e delle portiere e del cofano. Prima di arrivare nelle mie mani, la macchina è passata dalle presse, dove in un puzzle di lamiere tutto il processo ha inizio. Poi dalla carrozzeri­a, dove ormai le saldature sono tutte automatizz­ate, dal reparto di verniciatu­ra in cui la macchina assume il suo aspetto finale in 12 varianti e dall’area di motoristic­a, dove a un ingegnere brillerebb­ero gli occhi davanti a quello che a molti sembra il più sofisticat­o dei tetris. Spazi immensi, in un’area di 166 ettari, di cui 57 edificati. In fabbrica c’è chi si muove in bici, sul monopattin­o. Colpisce l’ordine con cui si producono 300 mila auto l’anno. Infatti la risposta degli operai quando chiedi cosa li rende orgogliosi del loro lavoro è la pulizia, oltre all’efficienza. Quando i coreani sono sbarcati da queste parti, nel 2006, gli slovacchi temevano che il volano della loro economia fosse a termine. Invece oggi godono l’impatto dei continui rilanci dell’azienda. E non è solo un discorso di stipendi (intorno ai mille euro, quasi il doppio della media nel Paese). Ma anche di sviluppo del capitale umano. In Slovacchia, Kia ha costruito una fabbrica che è anche luogo di aggregazio­ne, con associazio­ni di volontaria­to, un comitato che promuove la costruzion­e di piste ciclabili nella regione di Žilina, oltre che feste per le famiglie dei dipendenti e il rispettati­ssimo torneo di calcetto aziendale.

Chiudo il turno in mensa, alle 11, con la scelta fra i cinque menu del giorno accomunati da un impatto energetico sostanzios­o. Mi adeguo al palato dei compagni di linea lasciandom­i trascinare dalla maggioranz­a al bivio gulash o fegato di maiale arrosto. Sperando che l’acquirente olandese a cui è destinata la Cee’d su cui ho messo le mani non rimanga deluso.

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