Corriere della Sera

Renzi su Podemos: l’Europa cambi Il caso greco fa andare giù le Borse

- di Maria Teresa Meli

La lezione spagnola è chiara per Renzi: «In Europa meno burocrazia e più politica». Non vuole che l’Italia diventi tra i partner continenta­li «il Paese che fa la protesta ma non la proposta». Propone allora di costruire l’Europa «dal basso» e non «attraverso meccanismi di natura puramente tecnocrati­ca». Ma nella Ue di oggi il tema-guida è ancora la crisi greca e la possibilit­à di bancarotta ha penalizzat­o le Borse.

ROMA «Le elezioni in Spagna hanno dimostrato sempliceme­nte quello che io vado dicendo da tempo: in Europa ci vuole meno burocrazia e più politica». Matteo Renzi non è sorpreso per il voto nella Penisola iberica. E nemmeno per quello in Polonia.

Da sempre il presidente del Consiglio italiano è convinto che nella Ue ci sia una «forte spinta» contro «l’establishm­ent» e non crede nemmeno che l’Italia sia immune a tutto ciò. Sempliceme­nte è convinto di poter fare argine a questa «ondata» che va decifrata: «E’ un messaggio che nel nostro Paese è diretto a noi progressis­ti e che noi sapremo cogliere».

Ma l’Europa non è solo l’Italia e, soprattutt­o, non si riduce solo alle elezioni in sette Regioni italiane, seppur importanti, l’Europa è molto di più, per uno che, nella sua mente ha già dietro le spalle il voto del 31 maggio. «Dopo le Regionali, ci giochiamo la partita vera, che è quella della ripresa economica», continua a ripetere il presidente del Consiglio. Come a dire che il risultato delle urne lo dà per scontato, buono (sei a uno) o cattivo che sia (cinque a due).

Non è quello il suo problema. Il suo dilemma, semmai, è evitare che l’Italia figuri in Europa come «il Paese che fa la protesta ma non la proposta». E la proposta è quella di costruire l’Europa «dal basso», perché non si può costruirla «attraverso meccanismi di natura puramente tecnocrati­ca». Quest’ultima opzione, secondo il presidente del Consiglio, si è rivelata «un’illusione».

Dunque la «guerra» di Renzi nei confronti dell’Europa non si è fermata. Ma adesso il premier non è più il presidente del Consiglio fiorentino che si affacciava nel Vecchio Continente con l’aria di chi non era mai stato invitato a quel tavolo. Ora Renzi è il leader più votato in Europa. E con Angela Merkel Renzi ha rapporti ben diversi da quelli che aveva Silvio Berlusconi. Non sono più buffetti o sorrisi imbarazzat­i. Sono solidi trattati sull’immigrazio­ne, ai quali qualche Paese sfugge, ma non la Germania. O sono discreti rapporti sull’economia. E altro.

Ma non è solo di questo che si sta parlando. Quello che conta, da ieri, ossia dalla vittoria in Spagna di Podemos, è il ruolo che Renzi si sta ritagliand­o in Europa. Già prima sia Merkel, che Hollande (suo malgrado) che Cameron avevano capito di essere costretti ad avere a che fare con quel signore fiorentino che aveva conquistat­o il governo senza le elezioni ma che era pronto ad andare in Libia con il sì di tutti i contraenti. Ora ognuno valuta le proprie mosse. Le soppesa.

Il presidente del Consiglio italiano le sue le ha fatte. Ha mosso tutte le pedine che poteva giocare sullo scacchiere internazio­nale. E ripete a tutti i suoi: «Lasciate perdere Bersani e le beghe da quattro soldi interne, perché la dimensione europea è fondamenta­le per governare bene in Italia».

Una frase più che esplicativ­a per capire che il premier intende andare avanti e non lasciarsi prendere dalla «nostalgia del mondo che fu»: «Noi — dice ai suoi più e più volte — penseremo ai prossimi dodici mesi, quelli in cui l’economia cresce, voglio vedere gli altri...».

Dove negli «altri», come è ovvio si annidano tutti i nemici, veri verosimili, presunti o non si sa che cosa, di Matteo Renzi.

Ma lui continua, caparbiame­nte, a far mostra di non interessar­si di tutto ciò. Al momento gli interessa solo l’Europa. Il suo documento per arrivare a un patto con Angela Merkel è l’unica cosa che gli preme sul serio (non il documento per accontenta­re Bersani, Bindi, D’Alema, Speranza, etc etc).

Per questo l’ha fatto scrivere dai suoi migliori esperti. Nero su bianco. Ha un titolo che la dice lunga su quello che il presidente del Consiglio intende dire sull’argomento: «L’Europa dal basso» .

Altre domande e precisazio­ni sono superflue, perché il programma del premier è più che esplicativ­o. I veri punti, come sempre in casi come questi, sono nell’ultima pagina, che si intitola «un nuovo modello di integrazio­ne: fare gli europei». Ci riuscirann­o gli italiani? E, soprattutt­o, ci riuscirann­o i tedeschi?

«L’ondata» Il presidente del Consiglio è convinto di poter fare argine all’ondata antisistem­a Le elezioni in Spagna dimostrano quello che io dico da tempo: in Europa ci vuole meno burocrazia e più politica Non si può costruire l’Europa attraverso meccanismi di natura puramente tecnocrati­ca Questa è un’illusione

 ??  ?? Festa Pablo Iglesias, 36 anni, segretario generale del partito spagnolo Podemos festeggia il successo elettorale dell’altro ieri ad un comizio a Barcellona (Ansa /Alejandro Garcia)
Festa Pablo Iglesias, 36 anni, segretario generale del partito spagnolo Podemos festeggia il successo elettorale dell’altro ieri ad un comizio a Barcellona (Ansa /Alejandro Garcia)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy