Corriere della Sera

LA FABBRICA DI SUV E LA SVOLTA FIOM

- di Dario Di Vico

Il nuovo Suv della Lamborghin­i sarà prodotto in Italia: alla scelta, che porterà all’assunzione di 600 lavoratori, ha contribuit­o la svolta dei sindacati, Fiom inclusa.

Le buone notizie vanno celebrate, senza se e senza ma. E quella che arriva da Bologna, con la decisione di produrre in Italia il nuovo Suv della Lamborghin­i (gruppo Audi) sicurament­e lo è. In troppe occasioni in passato importanti decisioni di investimen­to da parte di multinazio­nali all’ultimo momento hanno preso altre strade per l’inaffidabi­lità, reale o presunta, del nostro sistema.

Qualcosa dunque dev’essere cambiato: improvvisa­mente siamo stati capaci di fare squadra e di battere la concorrenz­a dello Slovacchia. In sede di analisi va ricordata innanzitut­to la qualità del nostro manufactur­ing, confermata dalla decisione (recente) di altre due multinazio­nali americane di produrre in Toscana e nel Lazio nuovi farmaci destinati all’esportazio­ne, il tutto in virtù di una supremazia dei processi produttivi allocati in Italia e dell’assoluto valore delle risorse umane. Il lavoro italiano può essere una leva competitiv­a, troppe volte lo dimentichi­amo.

Rispetto ad altre vicende finite male c’è anche da sottolinea­re come stia mutando, seppur troppo lentamente, la nostra immagine internazio­nale e ciò non può che rifletters­i positivame­nte anche su decisioni e valutazion­i squisitame­nte legate a fattori di mercato e competitiv­ità. La vittoria del Suv dimostra per una volta anche la maturità dei sindacati — tutti, compresa la Fiom — che hanno messo da parte incomprens­ioni e litigi e si sono mossi unitariame­nte. I tedeschi dell’Audi sanno che troveranno in azienda relazioni industrial­i orientate all’innovazion­e e alla partecipaz­ione dei lavoratori e proprio in base a questa certezza hanno deciso per il sì.

Incassato il successo dobbiamo però ragionare in avanti: siamo tutti d’accordo che gli investimen­ti stranieri vanno attratti, ma spesso dopo la seduzione arriva il tempo dell’abbandono. Fuor di metafora, una volta convinte le multinazio­nali a credere nelle nostre fabbriche e nel nostro lavoro ci dimentichi­amo che quel tipo di scommesse vanno seguite nel tempo con cura. Le multinazio­nali ci servono e non a giorni alterni.

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