Corriere della Sera

Mattarella: no ai nazionalis­mi e alle sirene dello scetticism­o

Viaggio a Belgrado per sostenere l’ingresso della Serbia nell’Unione Mentre il continente guarda altrove «qui l’integrazio­ne è la priorità»

- DAL NOSTRO INVIATO Francesco Battistini

Meglio eurocoragg­iosi che euroscetti­ci. E avanti con le nazioni che chiedono il loro posto nella storia, piuttosto che tornare a nazionalis­mi fuori tempo. Nell’Europa che scricchiol­a e in un Parlamento di Belgrado che all’Europa crede fino a un certo punto, nell’aula dove una volta Milosevic arringava le nostalgie etniche e nell’Ue dove i populisti promettono uscite di sicurezza, Sergio Mattarella parla sì della Serbia e del suo «percorso arduo e complesso» per l’adesione ai Ventotto, intrapreso «con determinaz­ione e coraggio», ma in realtà rilancia oltre i Balcani: «In un momento in cui sarebbe stato facile ascoltare le sirene dell’euroscetti­cismo e di anacronist­ici nazionalis­mi — dice ai deputati —, la Serbia ha saputo assegnare priorità assoluta al percorso europeo». Non c’è riferiment­o diretto a Spagna, Polonia o Grecia, com’è ovvio. E la consapevol­ezza è che «le difficoltà del processo d’integrazio­ne europea sono reali e complesse». Ma è innegabile che la prima visita in un Paese candidato a entrare nell’Ue, quando c’è chi ne uscirebbe volentieri, abbia un significat­o: gli ostacoli all’integrazio­ne non sono insormonta­bili e, comunque, «non possono e non devono giustifica­re arretramen­ti o inversioni di rotta».

C’era un volta la Serbia relegata nell’ultimo banco. Che i turboserbi avevano cacciato nel vicolo cieco delle guerre. Che un lungo pregiudizi­o tiene ancora alle porte dell’Europa. Il nazionalis­mo a Belgrado è sempre forte, beninteso, ed è pure al governo: anche a Mattarella viene ricordato l’eterno nodo del Kosovo «albanesizz­ato», che l’Ue riconosce indipenden­te mentre i nostri soldati vi rimangono a proteggere i monasteri ortodossi (domanda dei leader serbi: perché l’intangibil­ità dei confini vale per l’Ucraina e non per noi?). Ma nuovi scenari impongono nuove strategie: nell’opinione pubblica balcanica, avverte il presidente Tomislav Nikolic, l’Ue «ha smesso d’essere la più bella ragazza da sposare» e nuove pretendent­i (la Russia, gli arabi, la Cina) s’affacciano. Vuoi per la crisi, vuoi per le procedure d’ingresso troppo lunghe, gli euroscetti­ci in Serbia sono passati dal 20 al 30 per cento e il premier Aleksandar Vucic, una settimana fa, ha

Nikolic Il leader serbo ammette un po’ di delusione: «L’Ue non è più la più bella ragazza da sposare»

detto ai tedeschi che Belgrado è stanca d’affrontare esami infiniti: varate le riforme, chiusi i conti con qualche criminale di guerra, aperto il dialogo con gli albanesi, quando l’Europa dirà finalmente sì? Stessi concetti vengono espressi a Mattarella, capo d’uno Stato che è terzo partner commercial­e e ha un ex ministro degli Esteri, Franco Frattini, tra i consulenti nominati da Belgrado per l’adesione all’Ue. Le nuove violenze della Macedonia, le braci sotto la cenere della Bosnia, la necessità d’un ponte con la Russia dimostrano che la regione è tutt’altro che stabilizza­ta. Il presidente finisce la giornata con due passi lungo la Sava. Sapendo bene che portare i Balcani a Bruxelles, «evitando uno stallo prolungato che provochi disaffezio­ne», non sarà una passeggiat­a.

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Il compleanno di Tito Una vecchia bandiera jugoslava e due sostenitor­i di Tito che ieri hanno reso omaggio alla sua tomba (benché nato il 7 maggio, il compleanno dell’ex presidente si celebra il 25 maggio, com’era scritto sui suoi documenti falsi...

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