L’export italiano cambia geografia: Arabia Saudita e Regno Unito
I Paesi in testa alla classifica Sace sui mercati migliori. La via dell’ecommerce
Italy siano usciti penalizzati. Penso a un caso limite: quello della concia delle pelli che sembrava un business destinato a declinare perché energivoro e pericoloso per l’ambiente. E invece i distretti di Arzignano e S.Croce hanno conosciuto un boom incredibile. Aggiungo che il 60% del lusso francese è prodotto in Italia. Con questo sono perfettamente cosciente che la fascia medio-bassa di questi stessi settori ha sofferto e soffre ma persino i tedeschi hanno portato la produzione di pannelli solari in Cina».
In attesa che la domanda interna riparta e si consolidino i segnali registrati con il Pil del primo trimestre 2015 ci si chiede se l’Italia, in virtù degli straordinari e inattesi risultati di questi anni, possa adottare un modello export led come quello che ha fatto le fortune tedesche. Il vice-ministro Carlo Calenda ne è assolutamente convinto e anche le analisi della
I Paesi con il più alto export opportunity index di Sace (0-100)
85 Sace vanno nella stessa direzione («trasformiamo la geografia dei rischi in una geografia delle opportunità»).
Le nostre esportazioni di beni cresceranno del 3,9% del 2015, un tasso doppio rispetto a quello dell’anno precedente e il ritmo di crescita aumenterà ulteriormente nel triennio 2016-18 attestandosi intorno al 5% nella sua parte finale. Un ruolo di primo piano spetterà all’agroalimentare che crescerà del 4,5% nel 2015 e del 6,5% nel successivo triennio. In valori assoluti stiamo parlando di circa 7 miliardi nel food e circa altri 2 miliardi nel comparto dei macchinari per l’agricoltura e per l’industria. La tesi della Sace è che si possa verificare persino una sorta di sussidio incrociato tra le vendite di specialità e l’incremento di export di macchine.
L’export map di Castellano va comunque al di là del food ed esamina le migliori opportunità-Paese. In testa c’è l’Arabia Saudita che in un punteggio da 1 a 100 arriva a quota 85. Seguita dal Regno Unito (79), dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Germania (78) e a sorpresa dal Belgio (77). La Cina arriva un po’ dopo (74) e a sua volta precede gli Stati Uniti (72). L’indice è stato confezionato grazie a un modello econometrico che ha inserito tra le sue variabili rilevanti il valore dei beni esportati ad oggi, le previsioni di crescita dell’export italiano al 2018, la concentrazione dell’import nel Paese preso in esame e l’attuale quota di mercato italiana.
Un elemento che varrebbe la pena aggiungere riguarda le reti: sappiamo che la distribuzione è un tallone d’Achille del nostro export a differenza dei cugini francesi (che hanno Auchan, Carrefour, ecc.). E allora, per riprendere il terreno perduto conviene sfruttare le potenzialità dell’ecommerce bypassando le reti fisiche? La riflessione è tutt’altro che peregrina visto che nei giorni scorsi i cinesi di Alibaba sono intervenuti a un convegno della Confindustria citando casi di successo di aziende italiane (De Longhi). Commenta Castellano: «Non posso che essere favorevole a una valorizzazione dell’ecommerce. Penso proprio che le vendite online siano destinate nell’arco di dieci anni ad avere un effetto dirompente sulle quote di mercato».