Aziende, l’81% punta sul digitale
Più di quattro manager su cinque: le imprese devono sviluppare business multicanale
Chi si ricorda della fine improvvisa fatta da chi costruiva dischi in vinile quando comparvero i Cd? E chi produceva pellicole fotografiche all’arrivo delle fotocamere digitali? E che dire del crollo di Blockbuster stroncato dai video in streaming? Quando premono grossi cambiamenti, per non soccombere le aziende devono cogliere in fretta le occasioni di innovazione. Oggi la trasformazione richiesta è chiara: diventare «aziende digitali». «Cioè imprese con un business multicanale, capaci di competere sia sul canale fisico che su quello digitale » , spiega Stefano Trombetta, managing director di Accenture Strategy che ha appena concluso un’indagine sull’argomento interpellando 2.500 dipendenti e 500 business leader di tutta l’Unione Europea. Questi ultimi, nel 77% dei casi, si rendono conto che nei prossimi tre anni le loro imprese dovranno trasformarsi in aziende digitali. Un’impellenza che è ancora più sentita dai manager italiani, all’81% convinti di quella necessità.
«E una volta tanto — continua Trombetta — executive e dipendenti sono sulla stessa lunghezza d’onda, visto che il 57% dei lavoratori europei ritiene che le nuove tecnologie digitali, quali robot, app, data analytic e intelligenza artificiale, miglioreranno il loro lavoro e le aspettative future di impiego». Convinzione sulla quale ancora una volta la sensibilità italiana risulta più spiccata: i nostri lavoratori raggiungono il 71% dei consensi (contro il 47% dei britannici e il 46% di tedeschi e francesi).
Che le prospettive di lavoro per coloro che hanno una formazione digitale aggiornata siano molto positive è confermato dall’Osservatorio della divisione Digital & New media di Michael Page: nel digitale l’occupazione nel 2015 crescerà fino al 30%, con stipendi in aumento fino a 100 mila euro annui per i manager web.
Altre indagini dimostrano che le aziende già digitalizzate hanno una redditività maggiore di chi è ancora al passo. E il vantaggio non sarà soltanto parcellizzato sulle singole aziende, ma investirà i sistemi Paese. Secondo infatti un altro studio di Accenture realizzato con Oxford Economics, da «miglioramenti anche modesti delle performance digitali dei Paesi europei potrebbe arrivare, rispetto alle previsioni attuali, un ulteriore aumento del Pil dell’1,8% entro il 2020».
Fatto sta che, quando non ci pensa l’azienda, i lavoratori si organizzano autonomamente, e a proprie spese, per apprendere nuove competenze e strumenti digitali. Lo sta facendo il 64% degli europei e il 73% degli italiani. Un fatto che però espone a nuovi problemi di sicurezza. Secondo una ricerca condotta in Italia da Cisco, alla fine del 2014 solo il 50% dei dipendenti ritiene che sia proprio compito mantenere al sicuro i dati aziendali. Stefano Corti e, nella foto sotto, Paolo Lombardi Renato Dalla Riva, 66 anni, ha ricevuto l’incarico di presidente di Cedacri. Vanta esperienze in Banco Ambrosiano Veneto e Intesa. Nicola De Sanctis, 54 anni, è il nuovo amministratore delegato di E.On Italia. Ha lavorato in Iren ed Edison. Andrea Sasso, 49 anni, è stato nominato amministratore delegato di iGuzzini Illuminazione. Ha maturato esperienze in Fimag, Merloni, Pirelli Tyre, Elica e Marazzi. Paolo Lombardi, 68 anni, è diventato direttore generale di Fondazione Fiera Milano. Vanta esperienze in Efima, Sistema Moda Italia, Federlegno e Cosmit. Stefano Corti, 46 anni, è il nuovo vice direttore generale di Alba Leasing. Ha lavorato in Bnl, Cassa di Risparmio di Venezia e Banca Italease. Manfredi Ricca, 41 anni, ha assunto il ruolo di chief strategy officer Emea & LatAm di Interbrand.