I nostri tre autori in gara mai nella rosa finale La giuria: poco innovativi
Rossy de Palma: ma abbiamo pianto per «Mia madre»
Era iniziata con la polemica lanciata da Slate France sull’eccesso di titoli di casa tra le opere selezionate (19 su 77). È finita con i francesi che si impalmano e i politici che twittano: dal primo ministro francese Manuel Valls che gioisce («Audiard, Bercot, Lindon e Varda: il cinema francese splende a Cannes e nel mondo») al nostro Franceschini tendenza De Coubertin: l’importante è partecipare.
La verità è che i titoli italiani non sono stati presi in considerazione dalla giuria di Cannes 68, la prima a essere presieduta in coppia. «Moretti, Garrone e Sorrentino sono grandi maestri, ho molto amato i loro film ma ci siamo orientati su altri titoli. Capisco la delusione ma non è come nel calcio che se uno vince l’altro perde».
A parlare, il giorno dopo, è Rossy De Palma, l’unica ad essersi spesa per loro. «Ma la nazionalità non conta. Mi sono goduta i film a prescindere dal Paese di provenienza. Non ce n’erano di spagnoli ma il cinema è un linguaggio universale e noi, come hanno detto i Coen, presidenti gentilissimi e rispettosi, non siamo critici cinematografici ma artisti».
A colpirla, lo ha detto anche in conferenza stampa domenica sera, è stata Giulia Lazzarini in Mia madre. «Meravigliosa nella sua tenerezza, ha lavorato il mio cuore come fosse plastilina. Ho sperato fino all’ultimo che ci fosse il modo di poterla premiare come non protagonista, ma il regolamento non lo prevede. Da attrice so quanto può essere importante per la riuscita di un’opera un ruolo secondario». L’attrice, attesa sul set del nuovo film dell’amico Perdo Almodóvar Silencio, racconta che tutti hanno pianto con Mia madre ma questo non lo ha candidato a entrare nel palmarès. «È un’opera magnifica che si sarebbe potuta fare anche dieci anni fa, come quando ti metti una giacca addosso e sai che è un po’ vecchia anche se ti sta bene. L’orientamento era premiare un cinema che ci ha colpito per novità di linguaggio per la messa in scena. Quando hai un film come Son of Saul, tutto girato con una soggettiva particolare, non puoi non impressionarti».
E Sorrentino? «Amo il suo cinema, ero curiosa di vedere come avrebbe proseguito dopo La grande bellezza. Mi è piaciuto Youth ma non è entrato in discussione. Gli avrei dato un premio per la fotografia, splendida, ma non è previsto». Garrone? «Alcune cose mi hanno colpito molto, ha un’idea di cinema molto personale».
Ma i film su cui si è discusso, anche molto, sono stati altri: Carol, The Assassin. «Joel e Ethan non hanno imposto le loro opinioni. Ci hanno chiesto di seguire emozioni e gusti da spettatori. D’eccezione, certo».
Giudizi «Da Moretti una storia che poteva essere girata 10 anni fa. Gli altri? Belli da vedere»
La Palma d’oro a Dheepan, assicura, è stata assegnata all’unanimità. «Era il film più completo, per la messa in scena, il tema drammatico e attuale, la capacità di farci entrare nella vita dei tre protagonisti».
Nell’aprile 2016 Rossy tornerà al Piccolo di Milano nei panni di Jenny per L’opera da tre soldi di Brecht diretta da Michieletto. « Io non ho fatto scuole di teatro o di cinema, recitare Brecht al Piccolo è come fare l’università. Proprio come essere in giuria con i Coen: andare all’università. E fare l’amore tutti giorni con il cinema».
I giudici
Nella foto la giuria di Cannes che ha assegnato la Palma a «Dheepan» di Audiard: da sinistra, il divo americano Jake Gyllenhaal (34 anni); il regista messicano Guillermo del Toro (50): la «musa» di Almodóvar Rossy de Palma (50); la diva francese Sophie Marceau (48); il presidente di giuria Joel Coen (60 anni); l’attrice Sienna Miller (33); il regista canadese Xavier Dolan (26); la cantante maliana Rokia Traoré (41) e l’altro presidente Ethan Coen (57)