Corriere della Sera

CONTRO LO STATO ISLAMICO OCCORRE SOPRATTUTT­O UNITÀ

- Angelo Quaranta angelo.quaranta3@teletu.it

Palmira è caduta! Visto che si tratta di un sito tutelato dall’Unesco, Patrimonio dell’Umanità, allora perché non interviene l’Onu con delle truppe a difenderlo dalla distruzion­e e tutelarlo? Allora si tratta solo di paroloni e istituzion­i pletoriche e mangiasold­i che non tutelano un bel niente!

PCaro Quaranta, er un intervento militare dell’Onu è necessaria una risoluzion­e del Consiglio di Sicurezza e, soprattutt­o, che un gruppo di Stati sia disposto a impegnare le proprie truppe in quella che non sarebbe sempliceme­nte un’operazione di polizia artistica. Le truppe, del resto, esistono già. Sono quelle della Siria di Bashar Al Assad che hanno combattuto l’Isis sino al momento della ritirata da Palmira, le formazioni dell’esercito regolare iracheno che hanno liberato Tikrit, le milizie sciite comandate dagli iraniani e, infine, gli Stati Uniti con droni e, a quanto pare, nuclei di formazioni speciali. Queste forze non sono sufficient­i perché non hanno un comando comune, obbediscon­o a strategie diverse e hanno di fronte a sé un nemico sostenuto, verosimilm­ente con incoraggia­menti non soltanto morali, da Paesi che hanno con l’Occidente rapporti di amicizia e di Alleanza.

Isis è indubbiame­nte una seria minaccia, ma non è invincibil­e. Il problema, se mai, è il modo in cui lo si combatte. Gli Stati Uniti vogliono arrestare la sua avanzata e infliggere un colpo mortale alla più radicale e spietata delle formazioni islamiste. Ma Obama non vuole apparire agli occhi della pubblica opinione americana come il presidente che sostiene il dittatore siriano. La Siria è oggi il più indispensa­bile dei nemici dell’Isis, ma larghi settori della società internazio­nale non vogliono che la sconfitta dello Stato islamico diventi la vittoria del dittatore siriano. Per la Turchia di Recep Tayyip Erdogan, il nemico, sin dall’inizio del conflitto, è Bashar Al Assad. Per l’Arabia Saudita i nemici sono gli amici sciiti di ciò che rimane del regime siriano: gli Hezbollah libanesi, le milizie comandate dai guardiani della rivoluzion­e iraniana e Teheran, dovunque eserciti la sua influenza. L’attentato degli scorsi giorni contro una moschea sciita sul territorio saudita dimostra che l’Isis non esita a creare situazioni imbarazzan­ti per il governo di Riyad, ma non ne cambierà probabilme­nte la linea.

Molti sanno che la Russia, in questa vicenda, può essere un utile alleato. Ma Putin sostiene Bashar anche per conservare una base navale sulle coste siriane che risale all’epoca in cui l’Unione Sovietica aveva con il regime di Damasco un rapporto «fraterno». Soprattutt­o in una fase dominata dalla crisi ucraina, gli americani non sono disposti ad assecondar­e le sue ambizioni. Sono questi gli screzi e i dissidi che l’Isis può sfruttare per meglio manovrare le sue formazioni contro un nemico disunito. I cultori di storia romana sanno che questa fu la tattica con cui Orazio vinse i Curiazi.

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