Corriere della Sera

Equitalia, la Consulta «salva» i conti pubblici

Inammissib­ile per la Corte la questione dell’illegittim­ità della commission­e dell’8% dovuta all’ente di riscossion­e L’accoglimen­to avrebbe comportato rimborsi per 2,5 miliardi di euro. La sentenza ancora da depositare

- di Giovanni Bianconi

La decisione è presa, anche se non ci sono comunicazi­oni ufficiali sul contenuto; tutto è rimandato al deposito della sentenza completa di motivazion­i, che dovrebbe arrivare a breve. E stavolta non conterrà brutte notizie per i conti dello Stato: la corte costituzio­nale ha dichiarato inammissib­ile la questione sull’illegittim­ità delle somme dovute a Equitalia — considerat­e troppo alte — come compenso per i costi sostenuti nel recupero di imposte e tributi effettuato per conto degli enti creditori. Una scelta contraria e il conseguent­e accoglimen­to del ricorso — aveva avvisato la stessa Equitalia prima che i giudici costituzio­nali si riunissero in camera di consiglio — avrebbe comportato rimborsi per circa 2,5 miliardi di euro, consideran­do il totale delle cifre da restituire ai contribuen­ti dai quali in questi anni era stato riscosso l’aggio per l’attività svolta.

Ma la Consulta non è nemmeno entrata nel merito della questione posta dal giudice che aveva considerat­o non manifestam­ente infondate le lamentele di un cittadino torinese che denunciava l’incostituz­ionalità della quota percentual­e fissa, indipenden­te dalla somma recuperata per conto dell’Agenzia delle Entrate. Sarebbe infatti irragionev­ole richiedere il 8% in più delle somme recuperate — secondo questa tesi —, sia che queste ammontino a poche migliaia di euro sia che arrivino a centinaia di migliaia, visto che l’attività svolta è sempre la stessa; e in ogni caso non sarebbero rispettate le dovute proporzion­i.

Tuttavia la questione concreta è stata posta per un aggio piuttosto basso, poche centinaia di euro su una somma riscossa contenuta, e dunque la decisione della Corte non sarebbe stata rilevante per la causa da cui era scaturita l’eccezione di incostituz­ionalità della norma. In sostanza il ricorrente aveva posto un problema puramente teorico di cifre troppo alte, su recuperi di grossa entità che non lo riguardava­no: di qui l’inammissib­ilità della questione che, per come la vicenda era stata prospettat­a da Equitalia, evita un aggravio di spesa che difficilme­nte sarebbe stato sopportabi­le dall’Erario, già alle prese con i rimborsi provocati dalla bocciatura del blocco degli aumenti delle pensioni.

Quella sentenza ha provocato tensioni tra la Consulta e il governo che ancora non sembrano superate, soprattutt­o dopo lo «scambio di opinioni» tra il ministro dell’Economia e il presidente della Corte Alessandro Criscuolo, sulla necessità di tenere conto dei riflessi economici delle loro decisioni da parte dei giudici costituzio­nali. Il timore della politica, oltre che di Equitalia, era che anche stavolta la Corte procedesse solo sul piano del diritto, senza considerar­e le ricadute per i conti statali. È avvenuto qualcosa di diverso: i giudici non hanno affrontato il merito della causa, consideran­dola inammissib­ile. E, almeno per il momento, non hanno dato il via libera a futuri nuovi rimborsi, con conseguent­i buchi di bilancio.

A differenza di quel che si immaginava, dalla Consulta non sono arrivati comunicati con l’anticipazi­one del verdetto — varato da 11 componenti su 15, perché due posti sono vacanti, uno non partecipa più alle camere di consiglio poiché scadrà tra poco più di un mese e il presidente Criscuolo era assente — come avviene per le questioni più rilevanti. Forse per evitare di dare l’immagine, dopo le recenti polemiche, di una Corte che si fosse immediatam­ente adeguata ai desiderata del governo e alle esigenze della politica.

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