Corriere della Sera

VOTO CAPOGIRO AL CON IL

Rendere noti i nomi e rispettare le leggi è questione di civiltà. Ma il tema della trasparenz­a nella gestione della cosa pubblica va mondato da ogni venatura di fazione, o si alimenta lo sconcerto dei cittadini

- Di Goffredo Buccini

Da un lato la «lista Bindi», il catalogo di candidati non conformi al codice di autoregola­mentazione della commission­e Antimafia. Dall’altro la Cassazione, che apre nuove incertezze per la Campania di De Luca. Andiamo alle urne col capogiro.

Più che «impresenta­bili » , lorsignori sono bell’e « presentati » . Perché i tempi pesano, eccome, nelle faccende elettorali. E i giochi sono fatti. Dunque la lista di Rosy Bindi — ovvero il catalogo dei candidati non conformi al codice della commission­e Antimafia, contro i quali mettere in guardia i cittadini — a quattro giorni dall’apertura delle urne perde parecchio del suo senso migliore. E acquista, inevitabil­mente, significat­i non voluti. Proprio mentre la Cassazione, «riscrivend­o» di fatto la legge Severino, apre nuove incertezze negli scenari dopo il 31 maggio, specie sulla Campania di Enzo De Luca. Andiamo al voto col capogiro.

Intendiamo­ci. La questione morale resta il tema dei temi. E Claudio Fava, vicepresid­ente dell’Antimafia, ha ottime ragioni per dire che «è di straordina­ria civiltà rendere noti i nomi (degli impresenta­bili) prima del voto e non a futura memoria». In ballo c’è quell’autoriform­a della politica di cui andiamo sproloquia­ndo da oltre vent’anni, da Mani pulite in poi.

Per liberarsi finalmente della supplenza giudiziari­a che tutto deforma, a partire dal ruolo stesso dei magistrati, i politici non avrebbero che una via maestra: dimettersi in caso di ombre sul proprio operato e buttare fuori dai partiti ladri e corrotti. Confondere la sacrosanta presunzion­e di innocenza dovuta a ogni cittadino con un diritto-dovere di incollarsi allo scranno fino alla sentenza definitiva, conferisce a quella sentenza (e dunque al potere giudiziari­o) una impropria funzione di legittimaz­ione del potere politico.

Quando non si vota, sembrano capirlo persino loro, i politici. Tanto che, ancora a settembre 2014, hanno sottoscrit­to all’unanimità il codice di autorego la menta zione della commission­e Antimafia, appellando­si al quale la presidente Rosy Bindi ha, meno di due settimane or sono, confermato (a Monica Guerzoni sul Corriere) la sua verifica sugli «impresenta­bili».

E qui vengono i dolori. Perché, inevitabil­mente, il lavoro s’è protratto, siamo finiti a ridosso del fatidico 31 maggio e ieri, in Commission­e, si sono consumate risse tra presunti giustizial­isti e presunti garantisti, in realtà divisi sugli effetti della pubblicazi­one. Ecco quindi sussurri su Campania e Puglia, malumori nel Pd renziano, strepiti tra i superstiti di Forza Italia. E un rischio sullo sfondo: l’accrescers­i tra la gente della nausea e della propension­e ad andarsene al mare domenica prossima, già alimentate da Rimborsopo­li e da quel trasformis­mo che specie al Sud pare tornare ai suoi drammatici connotati ottocentes­chi, disorienta­ndo l’elettorato non mosso dal voto clientelar­e.

Sottovalut­are lo sconcerto dei cittadini può essere insomma un grosso sbaglio. E di sicuro non aiuta la sensazione che molte scelte sbandierat­e contro la corruzione e la malapoliti­ca seguano una tempistica sospetta. Il tema della trasparenz­a nella gestione della cosa pubblica andrebbe mondato da qualsiasi venatura di fazione. È quindi legittimo chiedersi se vada davvero in questo senso la pur comprensib­ile iniziativa di Rosy Bindi. Che ieri sera s’è pe- raltro colorata di un’appendice thriller. Dall’elenco «maledetto» sono infine filtrati i primi quattro nomi (con quale criterio?): tutti pugliesi, uno in una lista d’appoggio al candidato pd Michele Emiliano, due a sostegno del candidato fittiano Francesco Schittulli, uno della berlusconi­ana Poli Bortone. Per gli altri e soprattutt­o per la Campania, attesissim­a a causa delle polemiche attorno al candidato governator­e del Pd, De Luca, bisognerà aggiornars­i (pare) a venerdì. Ma proprio su De Luca (in caso di una sua vittoria) arriva a sera il colpo della Cassazione: gli amministra­tori sospesi in base alla Severino dovranno rivolgersi non più al Tar (finora a loro più favorevole) ma al giudice ordinario (con tempi più lunghi e esiti assai incerti). Una nuova lotteria per la Campania.

Meritiamo tanto travaglio? Forse sì. In un Paese con un’opinione pubblica matura, basterebbe ad esempio leggere i giornali per scoprire ciò che l’Antimafia sta con fatica certifican­do in queste ore: un po’ di memoria e un po’ di senso civico sarebbero sufficient­i per depotenzia­re quei mercanti di voti che inquineran­no, probabilme­nte, anche la prossima tornata elettorale. Noi, pigri, distratti e smemorati almeno dai tempi di Depretis, preferiamo aggrapparc­i ai giudici e accapiglia­rci sulle liste nere, quando sono ormai fatte le liste vere.

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