Corriere della Sera

Piketty: «Scongiurar­e la bancarotta servirà a non far morire l’euro»

L’economista anti austerity: i grandi Paesi Ue non titolati a dare lezioni

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del Pil, ma invece di ricorrere all’austerità hanno usato l’inflazione e la ristruttur­azione del debito. L’intransige­nza europea nei confronti della Grecia fa sorridere, sostiene Piketty. E nonostante alcuni da mesi sostengano che un’uscita della Grecia dall’euro non avrebbe gravi conseguenz­e per il resto dell’Ue, Piketty la giudica un’eventualit­à forse fatale per tutta la zona euro.

Quali sarebbero le conseguenz­e di un default greco?

«Un’uscita della Grecia dall’euro avrebbe conseguenz­e incalcolab­ili. La crisi di fiducia che mina la zona euro da cinque anni ormai prenderebb­e proporzion­i enormi. A ogni elezione, tutti si chiederebb­ero quale sarebbe il prossimo Paese a uscire. Un’uscita della Grecia potrebbe rappresent­are la morte dell’euro».

Nel braccio di ferro tra il leader greco Tsipras e i creditori internazio­nali, quali potrebbero essere delle concession­i ragionevol­i, da una parte e dall’altra?

«La Grecia si trova attualment­e in una situazione di leggera eccedenza primaria, ovvero i greci pagano un po’ più tasse di quanto ricevono in termini di spesa pubblica. È ragionevol­e chiedere ai greci di mantenere questo leggero eccedente, ma per fare questo bisognereb­be trovare rapidament­e un accordo. Il problema è che gli accordi del 2012 prevedono una gigantesca eccedenza primaria del 4% del Pil per i decenni a venire! Per fare un confronto, il budget totale di tutte le università in un Paese come la Grecia o l’Italia è di appena l’1% del Pil. Gli accordi Nel Dopoguerra Francia e Germania non hanno applicato nel Dopoguerra le misure richieste oggi alla Grecia del 2012 devono essere rinegoziat­i, e prima lo si fa e meglio è».

Pensa sia inevitabil­e andare verso una ristruttur­azione del debito greco?

«La storia dei debiti pubblici è piena di ristruttur­azioni e cancellazi­oni del debito, come quella di cui ha beneficiat­o la Germania dopo la Seconda guerra mondiale. Nel 1953 gli alleati hanno rinunciato a esigere il debito tedesco verso l’estero, e questo ha permesso a quel Paese di investire in crescita, infrastrut­ture e formazione. Bisogna fare la stessa cosa adesso a livello europeo, mettendo in comune tutti i debiti pubblici della zona euro in un fondo comune di riscatto, e di ristruttur­azione».

Quali sono secondo lei le responsabi­lità della troika (Fmi, Bce, Ue) da una parte e dei governi greci dall’altra?

«I governi greci precedenti al 2010 portano una grande responsabi­lità per l’attuale situazione del Paese. Ma farne pagare

Sostiene che il capitalism­o è creatore di ineguaglia­nza sociale. Tesi ripresa da Paul Krugman, Joseph Stiglitz e dai favorevoli a un’alta tassazione dei patrimoni le conseguenz­e alle giovani generazion­i per decenni non è la soluzione. Dal 2010 in poi Germania, Francia e Italia hanno imposto alla Grecia una cura di austerità che ha aggravato la situazione. Anche il Fondo Monetario Internazio­nale ha riconosciu­to di avere sottostima­to le conseguenz­e delle misure imposte alla Grecia in termini di recessione. Il problema è che i grandi Paesi europei rifiutano di ammettere i propri errori e la loro parte di responsabi­lità».

Di solito si tende a incolpare la Germania.

«Ma non è solo Berlino ad avere un ruolo. L’Italia, la Francia, la Grecia e la Spagna adesso sono chiamate a presentare delle proposte di rifondazio­ne democratic­a dell’Europa. Spetta a loro agire per mettere l’austerità in minoranza, nel quadro di una Camera parlamenta­re della zona euro che è indispensa­bile ma che resta ancora da costruire».

@Stef_Montefiori

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«Il capitale nel 21° Secolo»: tradotto in 32 lingue, oltre 1,5 milioni di copie vendute
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