Torna l’asse franco-tedesco per riformare l’eurozona Dall’Italia «bozza ambiziosa»
Intensi negoziati sul Rapporto dei presidenti voluto da Juncker
Lunedì prossimo, Angela Merkel riceverà nella cancelleria di Berlino il presidente francese François Hollande e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker. Sarà un tentativo di rilanciare l’asse franco-tedesco in un momento di impasse della Ue: su una proposta che, in teoria, potrebbe portare a modifiche, alcune forse significative, nei rapporti tra Stati nazionali e Bruxelles. I tre leader discuteranno dei passi da prendere per riformare la governance dell’eurozona e per integrarne il processo decisionale. I governi tedesco e francese hanno preparato un documento comune sull’argomento e lo presenteranno al numero uno della Commissione.
La bozza di Berlino e Parigi ha un peso specifico rilevante. Non è però l’unica preparata in vista del vertice Ue di fine giugno che si occuperà della questione. Tutti i governi, almeno quelli dell’area euro, arriveranno probabilmente con la loro visione: il documento italiano — nove pagine titolate «Completare e rafforzare l’Emu » (Unione monetaria europea) — è già in circolazione a Bruxelles e nelle capitali europee ed è considerato piuttosto ambizioso negli obiettivi di riforma. Soprattutto, però, la discussione che dovrebbe arrivare a qualche punto fermo tra un mese avviene sulla base di un dibattito in corso tra gli sherpa (i funzionari nazionali incaricati del dossier) che parte dal cosiddetto Rapporto dei quattro presidenti. Si tratta di un documento steso da un gruppo di lavoro creato in buona parte grazie alla spinta del presidente della Banca centrale europea Mario Draghi: oltre a lui, comprende Juncker, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e quello dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
La necessità di riformare i meccanismi di funzionamento europei nasce dai limiti che la crisi finanziaria ha palesato nella zona euro, dalle proteste anti-europee in molti Paesi e anche dal problema posto dal primo ministro britannico David Cameron, il quale chiede riforme nella Ue prima di chiamare i suoi concittadini a un referendum dentro- o- fuori l’Europa.
Cameron è in questi giorni impegnato in un tour europeo per presentare le sue proposte che dovranno poi essere discusse in parallelo a quelle di riforma dell’eurozona (della quale Londra non fa parte). Dal suo punto di vista, una maggior integrazione tra Paesi dell’Unione monetaria è positiva, perché attenua i rischi di crisi. Quello che gli interessa, però, è che Londra abbia meno vincoli nella Ue a 28, soprattutto su temi come l’immigrazione. Vorrebbe cambiamenti al Trattato di Lisbona ma il documento franco-tedesco non li prevede a breve: potrebbe però accontentarsi di riforme nel rapporto tra Bruxelles e le capitali nazionali, in questo aiutato dal primo vicepresidente della Commissione, l’olandese Franz Timmermans, che ha l’incarico di semplificare il funzionamento di Bruxelles e che non molto tempo fa ha sostenuto la necessità di togliere dagli obiettivi della Ue il concetto di «una sempre maggiore integrazione» contenuto nel Trattato di Roma.
Ieri, gli sherpa europei hanno discusso una bozza di documento — basata su quella dei quattro presidenti — che non prevede il cambiamento dei Trattati Ue ma contiene alcuni passaggi interessanti «per assicurare che ogni Stato membro stia meglio dentro che fuori dall’Emu». Uno, forse il più forte, è la centralizzazione delle politiche di riforma strutturale che Draghi chiede da tempo: soprattutto «nei mercati del lavoro e dei prodotti e nell’ambiente di business». In un primo tempo attraverso la convergenza su modelli di efficienza basati sulle prassi migliori e in una seconda fase formalizzando la convergenza su standard comuni che potrebbero anche prendere forma di legge.