Corriere della Sera

Il teatro nel linguaggio dei segni

- Di Alessandra Arachi

Difficile non ricordare un film come «Figli di un dio minore», 5 nomination agli Oscar e un’eco che dura ancora oggi. Difficile però sapere che quel testo prima di essere un film era un testo per il teatro e che il regista Marco Mattolini lo aveva nel cassetto, prima che Hollywood se ne approprias­se. Ora è uscito dal cassetto per calcare il palcosceni­co. E lo ha fatto con un esperiment­o inedito: la recitazion­e con la lingua dei segni, quella dei sordi, per capirci. Succederà all’interno del Festival teatrale di Borgio Verezzi, un festival storico e di qualità che quest’anno (programmat­o dall’11 luglio al 21 agosto) ha deciso di non relegare le persone con handicap nei ghetti di spettacoli dedicati a loro. «Per la prima volta nella storia del teatro è stato scritto un testo che potrà essere goduto dai non udenti e dagli udenti, uno accanto all’altro», dice Giorgio Lupano che nella rappresent­azione è James che dialoga con la sua amata Sara (Rita Mazza) nella lingua dei segni, l’unica che l’attrice può capire essendo realmente non udente. Poi spiega, Lupano: «È un anno che vado a scuola per imparare questa lingua. E ho imparato un mucchio di cose bellissime sul mondo dei non udenti». Il testo è scritto in maniera tale da poter essere comprensib­ile per chi ha problemi con l’udito e per chi non ce l’ha. Ma non è tutto. «In questa edizione del festival, la quarantano­vesima, abbiamo inserito anche spettacoli dedicati ai non vedenti», dice Stefano Delfino, direttore artistico del Festival. E spiega: «Il meccanismo è quello dell’audio descrizion­e: un attore addestrato segue le prove prima e racconta poi ai non vedenti quello che succede. Loro potranno anche salire sul palco per parlare con gli attori, toccarli e quindi riconoscer­li poi».

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