Corriere della Sera

Lo stress da lavoro

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

L’ex ministro socialista Benoît Hamon propone di riconoscer­e il burnout, il crollo psico-fisico del lavoratore, come una malattia profession­ale. Cacciato dal governo un anno fa perché fedele all’ala sinistra del partito, contrario alla svolta «social-liberale» — deregulati­on e lavoro domenicale — incarnata dal ministro dell’Economia Emmanuel Macron, ora Hamon ha deciso di presentare tre emendament­i al «progetto di legge sul dialogo sociale» la cui discussion­e è cominciata ieri all’Assemblea nazionale. Il lavoro può far male fino a distrugger­e l’esistenza, sostiene, e quando è colpa delle aziende è giusto che paghino.

Il tema del burnout è affascinan­te perché nel bene e nel male è un concentrat­o di modernità. Intanto, il termine anglosasso­ne, che toglie lo stigma della malattia mentale e dà un tocco alla moda a ciò che un tempo si sarebbe detto forse esauriment­o nervoso. Non c’è una definizion­e univoca di che cos’è il burnout, in Francia gli esperti stentano ad accordarsi, secondo uno di loro, Philippe Zawieja, si tratta di «sfinimento emotivo e psichico, perdita del senso di realizzazi­one personale e disumanizz­azione della relazione lavorativa».

In Francia si stima che rischino il burnout 3,2 milioni di persone, ma nel 2013 sono stati solo 239 dipendenti a vederselo riconosciu­to: perché si giudica caso per caso, va provato il «legame essenziale e diretto» tra lavoro e malessere, e l’invalidità deve essere superiore al 25%. Requisiti molto restrittiv­i, se si considera che chi perde una mano è giudicato invalido al 20%. Per questo Hamon chiede una modifica dei criteri e l’ingresso del burnout tra le malattie profession­ali.

Nel Paese delle 35 ore, e di un vecchio successo di libreria come «Buongiorno pigrizia - Come sopravvive­re in azienda lavorando il meno possibile» di Corinne Maier, questa mobilitazi­one può suscitare facili ironie. Ma la Francia è anche il posto dove 35 dipendenti di France Telecom, oggi Orange, nel 2008 e 2009 si sono tolti la vita. E come molti altri Paesi europei si trova ad affrontare la nuova atmosfera culturale che circonda quel bene raro che è diventato il lavoro (i disoccupat­i sono 3,5 milioni): l’imperativo è essere flessibili, «accettare la sfida della meritocraz­ia», abbandonar­e i privilegi, rimettersi in gioco, essere sempre

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Primo secolo Uno dei tre affreschi

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