STADI Lo sport è sempre più verde E anche il tifoso produce energia
I grandi eventi fanno da traino, ma la sostenibilità ambientale degli impianti cresce ovunque. Se l’eccellenza è nei campionati Usa, anche Fifa e Uefa pretendono qualità. Per sensibilizzare il pubblico: tra riciclo dell’energia, luci intelligenti e nuova
Design futuribili per impianti scomponibili, come quelli per i Mondiali in Qatar. Illuminazione a Led, migliore, più duratura e meno dispendiosa come a Southampton o Brasilia. Tetti fotovoltaici che alimentano l’intero stadio e magari anche il quartiere vicino, come a Taiwan o a Berna. Sistemi di riciclo dell’acqua di ultima generazione come a Guadalajara, Messico. Il progetto di Perth, Australia, che prevede lo sfruttamento dell’energia geotermica. Tribune «intelligenti» che producono energia quando i tifosi saltano, come a Kobe, in Giappone. C’è tutto questo nel presente e soprattutto nel futuro delle arene sparse per mondo. Ma c’è anche un cuore antico, che non si perderà mai. Prendete il nuovo gioiello francese, lo Stadio delle luci a Lione: ha tutto quello che deve avere un tempio ecosostenibile, in un’area polivalente con 18 mila alberi, pronta a far vivere l’impianto 365 giorni all’anno. Ma se cercherete la fila numero 42 all’interno del Grand Stade, non la troverete: perché il numero rappresenta il dipartimento della Loire, quello di St. Etienne, la rivale storica e odiatissima di Lione. Mettere il 42 sarebbe stato troppo. Il green gol (per tutti)
Ma qui non si parla di campanilismo domenicale, perché l’unico vincitore è l’ambiente, impegnato in una partita tutt’altro che banale e tutt’altro che facile. Gli stadi, coi loro consumi energetici, le loro emissioni, i rifiuti prodotti, il traffico automobilistico, hanno un impatto pesante. E il primo punto di partenza per valutare la sostenibilità degli impianti è l’età, che assieme allo sfruttamento (e a volte anche al costo: chi più spende, meno spreca), fornisce già un quadro della situazione. L’erba del nostro vicino francese, che ospiterà il primo Europeo a 24 squadre con quattro impianti completamente nuovi (Lione, Bordeaux, Tolosa, Lilla) e altri rinnovati (Marsiglia), è sempre più verde. Quella di Russia (Mondiale 2018) e soprattutto Qatar (2022) è ancora tutta da scoprire.
Anche se Fifa e Uefa, per restare al calcio, stabiliscono attraverso l’iniziativa «Green Goal» l’insieme complessivo di obiettivi da raggiungere: una riduzione del consumo di acqua, un uso più efficiente dell’energia — sia per quanto riguarda la produzione che l’utilizzo — una buona gestione dei rifiuti e anche una riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti (Carbon footprint). Per il Mondiale russo a gennaio è stata creata una commissione ad hoc dalla Fifa per stabilire e mantenere i parametri verdi da raggiungere, dopo i risultati deludenti dell’Olimpiade di Sochi e le esperienze controverse dei Mondiali di Sudafrica e Brasile: dove sono stati fatti grandi passi in avanti nell’attenzione ai consumi, ai materiali o al riciclo energetico. Ma sono stati costruite troppi cattedrali senza fedeli: a Brasilia, nel magnifico impianto Mané Garrincha, in attesa della Seleçao adesso tengono anche un deposito per 400 autobus.
«Contrariamente alla percezione comune — scrivono gli organi di governo del calcio mondiale nelle loro linee guida — le iniziative per aumentare la sostenibilità non sono sempre più costose. Molte richiedono un processo di creazione e progettazione più attento e consapevole. Le iniziative più costose possono sempre essere implementate successivamente». Perché non c’è solo lo scenario magnifico di Wembley a Londra, da 900 milioni di euro, dove anche i bicchieri di plastica vengono riciclati trasformati in altri bicchieri di plastica, come in una cittadina ideale. Ci possono essere stadi vecchi, brutti e sporchi come quello di Verona. Ma con una copertura sul tetto di pannelli fotovoltaici all’avanguardia, che evita l’emissione di oltre 550 tonnellate di Co2. O addirittura, per restare all’Italia e al suo panorama di impianti a dir poco desolante, ci può essere uno stadio come il comunale Paolo Mazza di Ferrara, dove gioca la mitica Spal in Lega Pro, illuminato a Led: è il primo del genere nel nostro Paese e coi pannelli solari produce energia per 7 mila famiglie. Peccato solo che i vecchi lampioni perfettamente funzionati e in attesa di essere rivenduti, siano stati trafugati un mese fa. Campioni solo sul campo
Se gli azzurri hanno conquistato 4 titoli mondiali, come la Germania e uno in meno del Brasile, le, dal punto di vista della qualità degli stadi non siamo all’altezza della nostra tradizione sportiva. E il ritardo non accenna a diminuire. Il problema rischia di diventare un alibi: ma avere solo tre stadi di proprietà in serie A (Juventus, Sassuolo e Udinese) non aiuta innanzitutto a creare una cultura della sostenibilità. La stessa Juventus, che pure rappresenta l’eccellenza anche in questo, nel suo bilancio di sostenibilità, nella sintetica sezione dedicata all’ambiente (disponibile su www.juventus.com) riporta il punto di vista degli stakeholder esterni (ovvero i vari soggetti con interessi legati alla società): «Ad oggi non sono emerse opinioni negative relativamente all’impegno di Juventus su questo tema, se non alcune richieste di maggiore attenzione verso le best practice internazionali per farle proprie e di sempre maggiore collaborazione con le istituzioni locali e le società di trasporto pubblico per ottimizzare gli spostamenti da e per lo stadio. Alcune categorie di stakeholder hanno suggerito di condurre campagne mirate ai tifosi per sensibilizzarli a spostamenti e comportamenti ecosostenibili». Ci vorrà del tempo, ma i piccoli esempi virtuosi di Verona o di Ferrara, inducono a essere positivi, anche perché indietro è difficile tornare. «Ci sono molti Paesi messi peggio dell’Italia — premette Andy Simons, direttore dello studio londinese KSS che ha progettato tra gli altri il prossimo, delicato, restyling di un tempio nel cuore di un’area residenziale come Anfield Road di Liverpool — ma se guardiamo a quelli che contano nella storia del calcio allora è evidente che gli stadi italiani non sono in linea con l’importanza di questo sport nel vostro Paese. A parte lo stadio della Juventus, la maggior parte è datata, con una cinquantina di anni di media e un ammodernamento non sostanziale per Italia 90. E nelle serie minori la situazione purtroppo è anche peggiore». Usa in fuga
Dal Mondiale virtuoso di Giappone e Corea del Sud nel 2002 a quello, per ora virtuale, di Qatar 2022, il viaggio negli stadi di tutto il mondo, anche quelli di grandi sport come football (Nfl) o baseball (Mlb) è ricco di sorprese, speranze, belle realtà. Dal primo Super Bowl interamente illuminato a Led, a Phoenix, Arizona, a gennaio, col 75% di risparmio, al mitico Fenway Park di Boston che ricicla anche l’erba tagliata. Al «vulcano» di Guadalajara, Messico, che cattura l’acqua piovana e la ricicla (come lo Juventus Stadium), trasformandone addirittura una parte in acqua potabile, non senza difficoltà e dubbi. Fino ai progetti futuristici per gli stadi modulari del Mondiale autunnale nel deserto o per quello del nuovo Bernabeu, un’astronave per ora bloccata per l’eccessivo sfruttamento del territorio.
Perché non è tutto oro quello che luccica. E fare una graduatoria, con tanto di tabellone eliminatorio, dello stato dell’arte degli stadi in 16 Paesi del mondo è quasi un gioco, perché le variabili sono molte e armonizzarle non è un esercizio facile. Ma le certezze da cui partire non mancano: «Credo di aver capito che non si parla solo delle eccellenze del singolo Paese, ma della qualità media degli impianti presenti. In questo senso ci sono pochi dubbi — sottolinea Simons —: gli Stati Uniti hanno la più larga, costosa e lussuosa collezione di stadi, principalmente per football americano e baseball. Ma nascono sempre più stadi specifici per il calcio e anche quelli sono di alta qualità». Subito dopo ci sono le eccellenze europee. La Germania ha organizzato i Mondiali nel 2006. L’Inghilterra ha ospitato i Giochi Olimpici nel 2012, la Francia organizzerà gli Europei 2016, i primi con 24 squadre.
«Gli stadi programmati per l’evento del prossimo anno rispettano tutti i migliori criteri della sostenibilità. E anche quelli di Germania e Inghilterra hanno buoni standard di sicurezza e di comfort. Importante è anche la tendenza di utilizzare gli stadi nei giorni in cui non c’è la partita, che sono ovviamente la maggioranza. Altro fattore chiave, al di là delle eccellenze, come Lione, Wembley o Monaco di Baviera, è il livello della classe media, non solo delle principali leghe, ma anche delle serie minori: qui mi permetto di citare due stadi da noi ideati, come Brighton in Inghilterra e Le Havre in Francia, due realtà di seconda divisione. Il primo è stato addirittura costruito in un’area protetta e ha un basso impatto anche dal punto di vista paesaggistico. Oltre a un sistema di viabilità eccellente e organico. Il secondo è il primo stadio a energia positiva in Europa: ha un basso consumo e un ampio tetto fotovoltaico che genera energia». Perché se la classe media gioca in un piccolo paradiso, tutto il sistema cresce. E diventa più verde. E più forte.
I gioielli francesi pronti per l’Europeo Russia e Qatar attese all’esame Mondiale L’esempio virtuoso di Verona e Ferrara