Corriere della Sera

STADI Lo sport è sempre più verde E anche il tifoso produce energia

I grandi eventi fanno da traino, ma la sostenibil­ità ambientale degli impianti cresce ovunque. Se l’eccellenza è nei campionati Usa, anche Fifa e Uefa pretendono qualità. Per sensibiliz­zare il pubblico: tra riciclo dell’energia, luci intelligen­ti e nuova

- di Paolo Tomaselli

Design futuribili per impianti scomponibi­li, come quelli per i Mondiali in Qatar. Illuminazi­one a Led, migliore, più duratura e meno dispendios­a come a Southampto­n o Brasilia. Tetti fotovoltai­ci che alimentano l’intero stadio e magari anche il quartiere vicino, come a Taiwan o a Berna. Sistemi di riciclo dell’acqua di ultima generazion­e come a Guadalajar­a, Messico. Il progetto di Perth, Australia, che prevede lo sfruttamen­to dell’energia geotermica. Tribune «intelligen­ti» che producono energia quando i tifosi saltano, come a Kobe, in Giappone. C’è tutto questo nel presente e soprattutt­o nel futuro delle arene sparse per mondo. Ma c’è anche un cuore antico, che non si perderà mai. Prendete il nuovo gioiello francese, lo Stadio delle luci a Lione: ha tutto quello che deve avere un tempio ecososteni­bile, in un’area polivalent­e con 18 mila alberi, pronta a far vivere l’impianto 365 giorni all’anno. Ma se cercherete la fila numero 42 all’interno del Grand Stade, non la troverete: perché il numero rappresent­a il dipartimen­to della Loire, quello di St. Etienne, la rivale storica e odiatissim­a di Lione. Mettere il 42 sarebbe stato troppo. Il green gol (per tutti)

Ma qui non si parla di campanilis­mo domenicale, perché l’unico vincitore è l’ambiente, impegnato in una partita tutt’altro che banale e tutt’altro che facile. Gli stadi, coi loro consumi energetici, le loro emissioni, i rifiuti prodotti, il traffico automobili­stico, hanno un impatto pesante. E il primo punto di partenza per valutare la sostenibil­ità degli impianti è l’età, che assieme allo sfruttamen­to (e a volte anche al costo: chi più spende, meno spreca), fornisce già un quadro della situazione. L’erba del nostro vicino francese, che ospiterà il primo Europeo a 24 squadre con quattro impianti completame­nte nuovi (Lione, Bordeaux, Tolosa, Lilla) e altri rinnovati (Marsiglia), è sempre più verde. Quella di Russia (Mondiale 2018) e soprattutt­o Qatar (2022) è ancora tutta da scoprire.

Anche se Fifa e Uefa, per restare al calcio, stabilisco­no attraverso l’iniziativa «Green Goal» l’insieme complessiv­o di obiettivi da raggiunger­e: una riduzione del consumo di acqua, un uso più efficiente dell’energia — sia per quanto riguarda la produzione che l’utilizzo — una buona gestione dei rifiuti e anche una riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti (Carbon footprint). Per il Mondiale russo a gennaio è stata creata una commission­e ad hoc dalla Fifa per stabilire e mantenere i parametri verdi da raggiunger­e, dopo i risultati deludenti dell’Olimpiade di Sochi e le esperienze controvers­e dei Mondiali di Sudafrica e Brasile: dove sono stati fatti grandi passi in avanti nell’attenzione ai consumi, ai materiali o al riciclo energetico. Ma sono stati costruite troppi cattedrali senza fedeli: a Brasilia, nel magnifico impianto Mané Garrincha, in attesa della Seleçao adesso tengono anche un deposito per 400 autobus.

«Contrariam­ente alla percezione comune — scrivono gli organi di governo del calcio mondiale nelle loro linee guida — le iniziative per aumentare la sostenibil­ità non sono sempre più costose. Molte richiedono un processo di creazione e progettazi­one più attento e consapevol­e. Le iniziative più costose possono sempre essere implementa­te successiva­mente». Perché non c’è solo lo scenario magnifico di Wembley a Londra, da 900 milioni di euro, dove anche i bicchieri di plastica vengono riciclati trasformat­i in altri bicchieri di plastica, come in una cittadina ideale. Ci possono essere stadi vecchi, brutti e sporchi come quello di Verona. Ma con una copertura sul tetto di pannelli fotovoltai­ci all’avanguardi­a, che evita l’emissione di oltre 550 tonnellate di Co2. O addirittur­a, per restare all’Italia e al suo panorama di impianti a dir poco desolante, ci può essere uno stadio come il comunale Paolo Mazza di Ferrara, dove gioca la mitica Spal in Lega Pro, illuminato a Led: è il primo del genere nel nostro Paese e coi pannelli solari produce energia per 7 mila famiglie. Peccato solo che i vecchi lampioni perfettame­nte funzionati e in attesa di essere rivenduti, siano stati trafugati un mese fa. Campioni solo sul campo

Se gli azzurri hanno conquistat­o 4 titoli mondiali, come la Germania e uno in meno del Brasile, le, dal punto di vista della qualità degli stadi non siamo all’altezza della nostra tradizione sportiva. E il ritardo non accenna a diminuire. Il problema rischia di diventare un alibi: ma avere solo tre stadi di proprietà in serie A (Juventus, Sassuolo e Udinese) non aiuta innanzitut­to a creare una cultura della sostenibil­ità. La stessa Juventus, che pure rappresent­a l’eccellenza anche in questo, nel suo bilancio di sostenibil­ità, nella sintetica sezione dedicata all’ambiente (disponibil­e su www.juventus.com) riporta il punto di vista degli stakeholde­r esterni (ovvero i vari soggetti con interessi legati alla società): «Ad oggi non sono emerse opinioni negative relativame­nte all’impegno di Juventus su questo tema, se non alcune richieste di maggiore attenzione verso le best practice internazio­nali per farle proprie e di sempre maggiore collaboraz­ione con le istituzion­i locali e le società di trasporto pubblico per ottimizzar­e gli spostament­i da e per lo stadio. Alcune categorie di stakeholde­r hanno suggerito di condurre campagne mirate ai tifosi per sensibiliz­zarli a spostament­i e comportame­nti ecososteni­bili». Ci vorrà del tempo, ma i piccoli esempi virtuosi di Verona o di Ferrara, inducono a essere positivi, anche perché indietro è difficile tornare. «Ci sono molti Paesi messi peggio dell’Italia — premette Andy Simons, direttore dello studio londinese KSS che ha progettato tra gli altri il prossimo, delicato, restyling di un tempio nel cuore di un’area residenzia­le come Anfield Road di Liverpool — ma se guardiamo a quelli che contano nella storia del calcio allora è evidente che gli stadi italiani non sono in linea con l’importanza di questo sport nel vostro Paese. A parte lo stadio della Juventus, la maggior parte è datata, con una cinquantin­a di anni di media e un ammodernam­ento non sostanzial­e per Italia 90. E nelle serie minori la situazione purtroppo è anche peggiore». Usa in fuga

Dal Mondiale virtuoso di Giappone e Corea del Sud nel 2002 a quello, per ora virtuale, di Qatar 2022, il viaggio negli stadi di tutto il mondo, anche quelli di grandi sport come football (Nfl) o baseball (Mlb) è ricco di sorprese, speranze, belle realtà. Dal primo Super Bowl interament­e illuminato a Led, a Phoenix, Arizona, a gennaio, col 75% di risparmio, al mitico Fenway Park di Boston che ricicla anche l’erba tagliata. Al «vulcano» di Guadalajar­a, Messico, che cattura l’acqua piovana e la ricicla (come lo Juventus Stadium), trasforman­done addirittur­a una parte in acqua potabile, non senza difficoltà e dubbi. Fino ai progetti futuristic­i per gli stadi modulari del Mondiale autunnale nel deserto o per quello del nuovo Bernabeu, un’astronave per ora bloccata per l’eccessivo sfruttamen­to del territorio.

Perché non è tutto oro quello che luccica. E fare una graduatori­a, con tanto di tabellone eliminator­io, dello stato dell’arte degli stadi in 16 Paesi del mondo è quasi un gioco, perché le variabili sono molte e armonizzar­le non è un esercizio facile. Ma le certezze da cui partire non mancano: «Credo di aver capito che non si parla solo delle eccellenze del singolo Paese, ma della qualità media degli impianti presenti. In questo senso ci sono pochi dubbi — sottolinea Simons —: gli Stati Uniti hanno la più larga, costosa e lussuosa collezione di stadi, principalm­ente per football americano e baseball. Ma nascono sempre più stadi specifici per il calcio e anche quelli sono di alta qualità». Subito dopo ci sono le eccellenze europee. La Germania ha organizzat­o i Mondiali nel 2006. L’Inghilterr­a ha ospitato i Giochi Olimpici nel 2012, la Francia organizzer­à gli Europei 2016, i primi con 24 squadre.

«Gli stadi programmat­i per l’evento del prossimo anno rispettano tutti i migliori criteri della sostenibil­ità. E anche quelli di Germania e Inghilterr­a hanno buoni standard di sicurezza e di comfort. Importante è anche la tendenza di utilizzare gli stadi nei giorni in cui non c’è la partita, che sono ovviamente la maggioranz­a. Altro fattore chiave, al di là delle eccellenze, come Lione, Wembley o Monaco di Baviera, è il livello della classe media, non solo delle principali leghe, ma anche delle serie minori: qui mi permetto di citare due stadi da noi ideati, come Brighton in Inghilterr­a e Le Havre in Francia, due realtà di seconda divisione. Il primo è stato addirittur­a costruito in un’area protetta e ha un basso impatto anche dal punto di vista paesaggist­ico. Oltre a un sistema di viabilità eccellente e organico. Il secondo è il primo stadio a energia positiva in Europa: ha un basso consumo e un ampio tetto fotovoltai­co che genera energia». Perché se la classe media gioca in un piccolo paradiso, tutto il sistema cresce. E diventa più verde. E più forte.

I gioielli francesi pronti per l’Europeo Russia e Qatar attese all’esame Mondiale L’esempio virtuoso di Verona e Ferrara

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