Corriere della Sera

NO ALL’ARABIA SAUDITA AL SALONE DEL LIBRO UNA RIPARTENZA CON IL PIEDE GIUSTO

- Di Pierluigi Battista

Primo provvedime­nto: ottimo. La neopreside­nte del Salone del libro di Torino Giovanna Milella ha infatti deciso come primo atto del suo nuovo incarico di cancellare l’indicazion­e dell’Arabia Saudita come Paese ospite della prossima edizione. Meno male.

Chissà cosa avrebbero presentato, visto che in Arabia Saudita non esiste un libro libero che sia uno, visto che in quel Paese il regime della censura agisce in modo ferreo, visto che l’integralis­mo è così feroce da non immaginare neanche che uno scrittore, un artista, un filosofo possano pubblicare le loro opere. Il libro e l’Arabia Saudita sono due entità antitetich­e. Il loro padiglione a Torino sarebbe stato una parodia. Libri finti, inesistent­i, irreggimen­tati. Come quando negli stand rumeni delle Feste dell’Unità si esibiva l’opera omnia di Elena Ceausescu.

Il Salone del libro è la festa della cultura, delle idee, delle opinioni diverse. In Arabia Saudita i libri non esistono, le idee sono soffocate, le opinioni dissidenti messe a tacere e cancellate. Se proprio si scegliesse qualcosa dell’Arabia Saudita, a Torino dovrebbero chiamare un blogger coraggioso come Raif Badawi, condannato a mille frustate, di cui una parte già somministr­ate con appositi riti in pubblico, per aver sostenuto opinioni libere e dunque considerat­e blasfeme.

Il grottesco di un Paese oscurantis­ta e tirannico come l’Arabia Saudita accolto e ossequiato in una festa del libro è comunque stato evitato e questo va a merito della nuova dirigenza del Salone. Dove, il prossimo anno, si potrebbe organizzar­e una discussion­e sulla totale mancanza di libertà d’espression­e nei Paesi intolleran­ti come l’Arabia Saudita. Dove i libri sono messi al rogo. E dove il fondamenta­lismo religioso considera blasfemia meritevole di condanna a morte il semplice possesso di un crocefisso. A Torino, no.

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