Ammann (Gm): avanti da soli Siamo già abbastanza grandi
«La proposta di fusione con Fca? Non ne abbiamo bisogno»
Il giro di parole è abile. Il concetto, chiaro lo stesso: è a Fiat Chrysler Automobiles che conviene una fusione, General Motors può fare da sola. Per dirlo Dan Ammann, il presidente, ricalca alla virgola le frasi già usate dall’amministratore delegato Mary Barra. Sì, o almeno «così sembra, l’ho letto sul New York Times », le avances di Sergio Marchionne ci sono state: via mail e via telefono. Ma no, Gm non è interessata: «Abbiamo significativi piani di sviluppo interno. Siamo concentrati al 100% su questo». Fin qui, non ci sarebbe novità. La porta è chiusa e Ammann non fa che ribadirlo. Sono il momento e il luogo scelti, ad aggiungere al «no» un carico in qualche modo simbolico. C’è un centro ricerche sul diesel, a Torino, che in materia è il cuore e il fiore all’occhiello di General Motors nel Vecchio Continente. Dà lavoro a 650 persone, altre 60 ne assumerà entro l’anno, ha una collaborazione con il Politecnico che consente l’eccellenza assoluta. Non c’è dunque niente di strano se, mentre negli Usa il gruppo sta trattando una multa che si sussurra batterà ogni record (la vicenda è quella dei milioni di auto richiamate), il presidente vola un giorno a Torino per celebrare il decimo compleanno di Gm Powertrain Europe. Il curioso è il non detto. Gmpt non nasce dal nulla. E’ parte dell’eredità rimasta dopo il divorzio – portato a casa dal leader di Fca in un modo che negli Usa brucia ancora – dalla vecchia Fiat semifallita. Ammann, all’epoca, non era in Gm. Può negare che sul «no» di oggi pesino «strascichi psicologici» di quella prima, costosissima esperienza con Marchionne il negoziatore. E tuttavia, ora, sospetto e diffidenza un po’ si insinuano. Nel «no» blindato a Fca ci sono ragioni oggettive, certo. Sebbene anche gli analisti considerino inevitabile il consolidamento in un settore che brucia troppi capitali e troppo in fretta, Ammann e Barra possono legittimamente ritenersi in grado di «fare da soli». Dirà il tempo chi ha ragione ma, intanto, una Gm grande il doppio di Fiat Chrysler permette al suo presidente di sottolineare che «dipenderà dalla situazione di ogni singola azienda: e noi, nell’ultimo biennio, il target del 20% di ritorno sul capitale l’abbiamo centrato». La frecciata al Lingotto è evidente. Persino nella citazione ( involontaria?) di quel Marchionne che con John Elkann sta a un paio di chilometri da qui e però «no», non c’è stato e non ci sarà nessun incontro: «Ognuno – dice Ammann, riecheggiando e parole usate con l’obiettivo opposto dal numero uno di Fca – deve prendere autonomamente le proprie decisioni». Quella di Gm è netta: inutile insistere, in teoria ci possono essere accordi mirati con tutti («Li abbiamo con Ford, Psa, Honda»), ma merger proprio no. Tanto meno con Fca. Mai citata. Neppure per distrazione.