Bimbi programmatori sulle orme di Bill Gates
Come gli esseri viventi, i lavori muoiono e rinascono, non necessariamente uguali a se stessi. Il fenomeno non è nuovo, ma sta subendo un’accelerazione come dimostra la diffusa espressione «professioni del futuro». La scelta dei termini svela un malcelato tentativo di sublimarne l’ansia: parlare di occupazioni del futuro permette, in definitiva, di rinviare un po’ il problema; giustifica la strategia del temporeggiare perché ciò che nell’agenda occupa la casella futuro non è mai una vera priorità. E allora, proviamo a cambiare il lessico o, meglio, a strutturare diversamente il problema. Per parlare di professioni del futuro dobbiamo affrontare il tema della formazione del presente. Non voglio entrare nella spinosa vicenda della #buonascuola del governo Renzi, ma solo riflettere su quali possano essere dei punti nevralgici della formazione, come il coding. È noto che Bill Gates fondò la Microsoft giovanissimo dopo essere stato iniziato ai segreti dei codici in un corso di informatica nella prestigiosa scuola privata Lakeside, dove avevano affittato quello che, allora, era definito un computer (un Dec Pdp-11, oggi lo abbiamo declassato a scatola con dei fili elettrici dentro). Bill aveva appena 13 anni. Questo pone almeno due dubbi. A) Se Gates fece il primo corso nel 1968, quasi mezzo secolo fa, che senso ha oggi iniziare corsi di coding? Mezzo secolo è mezza era geologica: Neil Armstrong doveva fare la prima passeggiata lunare. In realtà il coding di oggi e l’informatica di allora sono cose diverse. Nel 1968 si trattava di dare un primo sistema operativo alle macchine «pop», non professionali. Oggi la digitalizzazione sta diventando un fattore abilitante di nuove professioni. E avere un’infarinatura sui codici diventa fondamentale per capire cosa c’è dietro le cose. Come a scuola si studia biologia o cosmologia non con l’ambizione di diventare tutti biologi o astronomi, così andrebbe fatto per il coding. Dunque, non si tratta di formare piccoli Bill, ma alimentare opportunità. B) Qual è l’età giusta per cominciare? Facile immaginare che i bambini che stanno crescendo a pane, tablet in casa e formazione tradizionale a scuola possano accettare facilmente il coding come qualcosa che sani la frattura tra i due mondi. Il piccolo chimico ha ancora qualche successo come regalo per risvegliare fin dagli otto anni le curiosità scientifiche dei figli. Iniziamo a pensare al piccolo developer informatico. Male che vada, sarà un altro esperimento divertente. E farà più danni delle esplosioni con il piccolo chimico.