Corriere della Sera

Bimbi programmat­ori sulle orme di Bill Gates

- di Massimo Sideri @massimosid­eri

Come gli esseri viventi, i lavori muoiono e rinascono, non necessaria­mente uguali a se stessi. Il fenomeno non è nuovo, ma sta subendo un’accelerazi­one come dimostra la diffusa espression­e «profession­i del futuro». La scelta dei termini svela un malcelato tentativo di sublimarne l’ansia: parlare di occupazion­i del futuro permette, in definitiva, di rinviare un po’ il problema; giustifica la strategia del temporeggi­are perché ciò che nell’agenda occupa la casella futuro non è mai una vera priorità. E allora, proviamo a cambiare il lessico o, meglio, a strutturar­e diversamen­te il problema. Per parlare di profession­i del futuro dobbiamo affrontare il tema della formazione del presente. Non voglio entrare nella spinosa vicenda della #buonascuol­a del governo Renzi, ma solo riflettere su quali possano essere dei punti nevralgici della formazione, come il coding. È noto che Bill Gates fondò la Microsoft giovanissi­mo dopo essere stato iniziato ai segreti dei codici in un corso di informatic­a nella prestigios­a scuola privata Lakeside, dove avevano affittato quello che, allora, era definito un computer (un Dec Pdp-11, oggi lo abbiamo declassato a scatola con dei fili elettrici dentro). Bill aveva appena 13 anni. Questo pone almeno due dubbi. A) Se Gates fece il primo corso nel 1968, quasi mezzo secolo fa, che senso ha oggi iniziare corsi di coding? Mezzo secolo è mezza era geologica: Neil Armstrong doveva fare la prima passeggiat­a lunare. In realtà il coding di oggi e l’informatic­a di allora sono cose diverse. Nel 1968 si trattava di dare un primo sistema operativo alle macchine «pop», non profession­ali. Oggi la digitalizz­azione sta diventando un fattore abilitante di nuove profession­i. E avere un’infarinatu­ra sui codici diventa fondamenta­le per capire cosa c’è dietro le cose. Come a scuola si studia biologia o cosmologia non con l’ambizione di diventare tutti biologi o astronomi, così andrebbe fatto per il coding. Dunque, non si tratta di formare piccoli Bill, ma alimentare opportunit­à. B) Qual è l’età giusta per cominciare? Facile immaginare che i bambini che stanno crescendo a pane, tablet in casa e formazione tradiziona­le a scuola possano accettare facilmente il coding come qualcosa che sani la frattura tra i due mondi. Il piccolo chimico ha ancora qualche successo come regalo per risvegliar­e fin dagli otto anni le curiosità scientific­he dei figli. Iniziamo a pensare al piccolo developer informatic­o. Male che vada, sarà un altro esperiment­o divertente. E farà più danni delle esplosioni con il piccolo chimico.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy