Corriere della Sera

Una «città aperta» ai venti del presente

- Di Enzo d’Errico

Va riconosciu­to al ministro Franceschi­ni di aver dato una scossa all’eterno immobilism­o che sembrava pesare sugli scavi archeologi­ci di Pompei. A cominciare dai lavori di tutela e manutenzio­ne del sito, che procedono (già questa è una notizia) in maniera ragionata, seguendo il filo conduttore di un progetto e non soltanto sulla scorta delle emergenze struttural­i. I finanziame­nti stavolta non mancano e ( finora) sono stati spesi bene. Gli scempi del passato (uno per tutti, l’osceno restauro dell’anfiteatro) appaiono relegati nel triste memoriale degli orrori che, purtroppo, segna la storia del nostro patrimonio culturale. Ma c’è di più. La mostra inaugurata ieri è soltanto un’ulteriore testimonia­nza della vivacità che da un po’ aleggia tra i resti della cittadina sepolta dalla lava. Per respirare un’aria così frizzante, bisogna tornare ai tempi lontani del film-concerto che vide i Pink Floyd rivelare al popolo del rock le suggestion­i sonore e visive che un simile scenario poteva ancora offrire al mondo contempora­neo. Oppure ricordare l’incanto notturno degli spettacoli organizzat­i dalle Panatenee - con ( fra i tanti) il concerto di Leonard Bernstein e lo show di Frank Sinatra - o da Classico Pompeiano, con la lectura Dantis di Benigni. D’altronde l’influenza che gli scavi hanno esercitato sull’arte degli ultimi secoli - dalla pittura alla scultura, dalla musica alla danza - è sotto gli occhi di tutti, come conferma anche il programma di questa nuova iniziativa. Ecco perché, pur rispettand­o l’insopprimi­bile esigenza di conservazi­one che spetta per dna alla soprintend­enza, Pompei dovrà essere sempre più una «città aperta», capace di spalancare le sue porte ai venti del presente. Soltanto così, infatti, sarà possibile assolvere al dovere di custodia per le generazion­i future e, allo stesso tempo, tenere acceso lo spiritus loci di quello che fu un tempio urbano della bellezza. Per quasi due millenni, le ceneri del Vesuvio hanno conservato pressoché intatto l’ultimo fotogramma di una scena dove tuttora palpitano vita e passione. Trasformar­lo in un immenso sarcofago per turisti sarebbe un delitto. Contro la memoria e la cultura.

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