Se Roberto Saviano paragona l’Italia a «Game of Thrones»
La metafora, «gran madre di tutte le arguzie umane», bisogna saperla maneggiare, altrimenti si ritorce conto, come già avvertiva Emanuele Tesauro nel suo fondamentale Il cannocchiale aristotelico. Roberto Saviano, per attaccare Matteo Renzi, usa una serie televisiva come metafora: «Renzi si è chiuso alla società civile dopo la vittoria alle elezioni europee, sta parlando solo ai suoi. L’Italia è come “Game of Thrones”, un Paese di contrade…». E visto che si trovava in tema, ha anche tirato l’acqua al suo mulino: «Dopo il successo (di Gomorra, ndr) un agente americano mi ha chiesto di ideare delle serie televisive: lì adesso i produttori non comprano più i diritti dei romanzi ma quelli dei saggi… Una serie ha bisogno di dettagli e meccanismi e ci sono il tempo e il coraggio di spiegare, come ho cercato di fare in ogni episodio di “Gomorra”, al cinema in un’ora e mezzo sarebbe impossibile». Vedere Stefano Sollima e Stefano Bises (e gli altri autori della serie) nella parte di semplici editor di Saviano fa un po’ ridere e verrebbe voglia di dire che l’Italia è come Gomorra.
Se non lo facciamo è perché abbiamo letto con grande interesse un intervento di Silvia Ronchey su «Game of Thrones». Altro che metafora dell’Italia! «Il mondo greco e quello romano e quello bretone; il crepuscolo nordico, nel disperato scenario wagneriano della Barriera; i caftani degli eunuchi bizantini, i nodi dei sacerdoti isiaci, le corone dei romani, le asce dei vichinghi, gli elmi dei saraceni: ogni dettaglio è frutto di un’arte combinatoria esercitata su una disponibilità senza precedenti di dati di studio, solo parzialmente integrata dalla fiction creativa».
Secondo Silvia Ronchey la fiction tratta dai libri di George Martin è la rappresentazione di un «passato assente», del «classico mancante», un’astrazione, un territorio immaginario di castelli e duelli. Il resto, metaforicamente, si ritorce contro e diventa solo Gomorra.