Accolto il ricorso dei tassisti di Milano Bloccata UberPop
Il Tribunale accoglie il ricorso delle auto bianche. L’azienda: andiamo avanti
Accolto il ricorso dei tassisti milanesi: il Tribunale ha disposto il blocco in Italia dell’app UberPop che prevede il noleggio di auto guidate da cittadini comuni. Tra le motivazioni, la «concorrenza sleale». Uber replica: mai interrotto il servizio anche dopo gli stop in altri Paesi, andiamo avanti.
Un intricato sistema composto da cinque società tra Italia e Olanda per fare «concorrenza sleale» a quello che nella Penisola può essere messo in piedi da un semplice imprenditore artigiano con licenza. Tante sono le srl (o «bv», all’estero) che Uber utilizza per gestire l’intero sistema UberPop, servizio di trasporto passeggeri definito abusivo da tutte le autorità — già dalle «cinque giornate» di scioperi selvaggi che bloccarono Milano nell’aprile del 2014 — e da ieri fuorilegge anche per il Tribunale del capoluogo lombardo che, con un’ordinanza pilota nazionale, ha disposto il blocco della app e del sito Internet, lo stop al servizio di trasporto erogato, nonché il rimborso dei costi processuali, una penale di 20 mila euro al giorno da pagare in caso di inadempienza con ordinanza pubblicata online per 30 giorni. Da Uber — che non ha mai interrotto il servizio anche dopo gli stop in altri Paesi — la replica è sfrontata: «Andiamo avanti».
Il giudice del Tribunale civile di Milano Claudio Marangoni si è preso del tempo per accogliere in via cautelare il ricorso d’urgenza presentato dalle (numerose) organizzazioni sindacali dei tassisti il 17 aprile scorso. Ma alla fine, dopo 14 giorni dall’udienza, in un lungo documento di 18 pagine, ha dato ragione alle auto bianche, sostenute in giudizio dai legali dello studio Pavia e Ansaldo. «Una decisione che Uber dovrà rispettare e che spronerà le amministrazioni a controlli più attenti di quelli finora svolti» per l’avvocato Marco Giustiniani.
Da Uber, la manager italiana Benedetta Arese resta in silenzio, così parla Zac De Kievit, «direttore legale europeo»: «Siamo dispiaciuti — spiega —. Rispettiamo la decisione ma non la capiamo. Faremo appello. Intanto continuiamo a operare con UberBlack (il servizio con autisti Ncc, legale finché non viola le norme su stazionamento e tariffe fisse, ndr) e per 15 giorni con UberPop».
Interessante analizzare la struttura di Uber in Italia, emersa per la prima volta ieri. Al vertice della piramide c’è l’olandese Uber International bv che controlla al 100% le connazionali Uber bv e Uber international holding bv. Quest’ultima a sua volta controlla il 100% dell’italiana Uber Italy srl e dell’olandese Raiser operations bv. Uber bv è il soggetto responsabile del servizio in Italia; Uber Italy dell’attività di marketing e logistica. Nonostante ciò è Raiser operations a stipulare i contratti con i driver; contratti però pagati da Uber bv che riceve anche i pagamenti dei clienti. «Un sistema di ditte fatto per nascondersi — spiega Giovanni Maggiolo di Unica Filt Cgil — è la deriva liberista del fare soldi senza investire sui lavoratori (Uber non paga i contributi Inps e Inail ai lavoratori) e neppure sui mezzi di produzione (le vetture sono dei driver). Il giudice ha fatto il suo dovere, la concorrenza sleale è palese».
Sindacati uniti — dall’Unione artigiani («Abbiamo ripagato la fiducia dalla categoria») al Satam («Primo passo per la difesa del nostro lavoro») — consumatori divisi. E se Codacons e Unione consumatori attaccano l’ordinanza del giudice, dal Movimento consumatori — che il 26 marzo ha depositato un esposto all’Antitrust — ribattono: «Uber usa pratiche commerciali scorrette». Reagisce anche la politica: l’ex ministro dei Trasporti Ncd Maurizio Lupi («Vincono legge e buon senso»), il leader leghista Matteo Salvini («I taxi siano guidati da chi sa farlo»), il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia («Servizio illegale e pericoloso») e il M5s («Bene il Tribunale, ma regole obsolete»). Controcorrente il vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta (Pd): «UberPop non è il diavolo».
Di certo, ora, amministrazioni, vigili e giudici di pace (che ieri a Torino, nonostante l’ordinanza, hanno restituito la patente a due UberPop), hanno un riferimento in più.
L’ordinanza pilota Blocca il servizio, la app e il sito: multa di 20 mila euro al giorno in caso di inadempienza