Corriere della Sera

LE SENTENZE CHE DANNO INCERTEZZA

- Di Pierluigi Battista

Dovunque la democrazia si fonda su un saggio sistema di contrappes­i. Il potere politico non può fare il suo comodo, e deve essere sempre sottoposto all’esame di istanze giuridiche che ne impediscan­o eventuali condotte arbitrarie. I contrappes­i non funzionano più bene se però la bilancia pende troppo da una parte. Se non si ha bilanciame­nto, ma supremazia del giuridico sul politico, la democrazia perde vigore e credibilit­à. Se un intero progetto di politica economica di un governo viene smantellat­o da una sentenza della Corte costituzio­nale, la sentenza va applicata e non elusa, però il rischio è che l’autonomia dei governi, già fortemente indebolita dal trasferime­nto di consistent­i quote di potere a entità sovranazio­nali, ne esca fortemente minata e compromess­a. Se qualche istanza extrapolit­ica dovesse avere l’ultima parola sulle sorti di un rappresent­ante nelle istituzion­i eletto democratic­amente, l’idea stessa della sovranità popolare ne uscirebbe malconcia. La Cassazione ha appena stabilito che sarà il giudice ordinario e non il Tar a decidere se il candidato De Luca, in caso di vittoria elettorale, dovrà decadere o no dalla carica di governator­e della Campania. Dovendo affrontare le conseguenz­e della stessa legge, la Severino, tanto De Luca (da sindaco di Salerno) quanto de Magistris (sindaco di Napoli) sono stati sottoposti al giudizio del Tar. La certezza del diritto subisce duri colpi se le decisioni appaiono così casuali, difformi, variegate. E l’attesa di una sentenza diventa quasi un confidare nella vincita al Lotto. Un giorno potrebbe essere il Tar, un altro il tribunale. Quante altre possibilit­à riserva la sorte?

Il bilanciame­nto dei poteri è sacrosanto. Ma se tutto, come tende ad accadere in Italia, è sottoposto a quella dinamica particolar­e che viene chiamata con termine complicato «giuridiciz­zazione della politica», allora nascono molti problemi. La Corte costituzio­nale sta decidendo che non si aprirà un nuovo buco nelle finanze pubbliche sul caso Equitalia. Ma si aspettano le sue decisioni sul blocco degli stipendi del pubblico impiego. La politica economica perde la sua autonomia, appunto. I ricorsi infiniti al Tar bloccano le opere pubbliche, e non c’è quasi mai un momento in cui si possa chiudere definitiva­mente una controvers­ia. Senza considerar­e che se si è cittadini di diverse regioni si hanno trattament­i diversi sulle stesse questioni. Le istanze di valutazion­e si moltiplica­no. Ma le leggi stesse vengono smontate pezzo a pezzo da sentenze di singoli giudici che ne danno un’interpreta­zione così «soggettiva» da svuotare di significat­o la stessa legge. Si può pensare tutto il male possibile sulla legge che regolament­a la fecondazio­ne assistita, ma che frammento dopo frammento venga smembrata da una miriade di sentenze che ne cancellano ora un articolo, ora un comma, ora una singola parola infligge un colpo alla sovranità del potere legislativ­o. Se si vuole cambiare una legge, la si cambi, ma non affidandol­a alle cure demolitori­e dei giudici. Così come sulla legge elettorale. Prima dell’approvazio­ne dell’Italicum si diceva che il sistema elettorale in vigore dovesse chiamarsi Consultell­um, dalla Consulta. È possibile che la Corte costituzio­nale possa addirittur­a indicare con quale legge elettorale votare. Non paga di questa «giuridiciz­zazione» estrema cui viene sottoposta, la politica poi si inventa ulteriori tribunali per incrementa­re a dismisura polemiche e contenzios­i. L’ultima, la commission­e Antimafia presieduta da Rosy Bindi che allo scadere della campagna elettorale dovrà stabilire quali candidati nelle elezioni regionali siano «presentabi­li» oppure no. Ovviamente i presunti «non presentabi­li» ricorreran­no, si opporranno, metteranno in discussion­e la legittimit­à di un esito elettorale falsato. Chi deciderà alla fine? E se si decide fuori tempo massimo, come quando una sentenza decise di cancellare il Consiglio regionale piemontese al termine della legislatur­a, che senso ha una cancellazi­one così tardiva? Il bilanciame­nto dei poteri deve saper raggiunger­e un equilibrio, non introdurre confusione, sovrapposi­zioni, controvers­ie infinite. La proliferaz­ione del «giudiziari­o» rende incerto e perennemen­te revocabile il diritto. Con il rischio che la bilancia possa spezzarsi.

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