Il piano Renzi per il rebus del vicegovernatore
L’auspicio di una soluzione della Consulta. Tempi lunghi consentirebbero la nomina di un vice in Campania Il candidato governatore è convinto che per il segretario pd il problema della Severino «sia superabile»
Il piano di Palazzo Chigi nel caso in cui Vincenzo De Luca vincesse le Regionali in Campania è un piano di intervento molto lento che consentirebbe la nomina di un vicegovernatore.
Il piano del governo nel caso in cui Vincenzo De Luca vincesse le elezioni regionali in Campania è un mix di precedenti giurisprudenziali, un margine di discrezionalità nell’intervento che sarà di competenza dello stesso Renzi, l’auspicio che in autunno, davanti alla Consulta, il caso possa essere risolto con la modifica della legge Severino, almeno al punto dell’abuso d’ufficio.
Quello di Palazzo Chigi è insomma un piano di non intervento, o di intervento molto lento, nei casi di propria competenza, come la sospensione della carica dello stesso De Luca, nel caso di vittoria. La sospensione arriverebbe su richiesta della magistratura, attraverso il prefetto, sentito il ministro: troppi passaggi per non offrire un tempo di natura flessibile al governo. Flessibile per cosa? Per consentire, dopo la proclamazione a governatore di De Luca, la formazione del Consiglio regionale e poi della Giunta regionale: almeno 30 giorni di tempo, solo dopo scatterebbe la sospensione, i cui tempi verrebbero gestiti da Palazzo Chigi, e il governo della Regione andrebbe avanti con un vice, sino alla decisione della Consulta, che deve pronunciarsi su un caso simile sollevato dalla Corte di Appello di Bari.
Ecco perché ieri Matteo Renzi si è mostrato abbastanza sereno, ed ecco perché avrebbe definito «superabile», almeno secondo De Luca, «il problema della legge Severino»: non è previsto un intervento legislativo dell’esecutivo, si insegue una situazione simile a quella che ha coinvolto sia De Luca che il sindaco di Napoli (anche se poi l’ex sindaco attenua: «Bene ha fatto finora il governo a restare fuori dalla questione Severino»). «Sento parlare di impresentabili, ma sulla legalità non prendiamo lezioni da nessuno. Questo è il Pd, è legalità. C’è chi la combatte a parole, chi con i fatti», ha detto Renzi, liquidando di fatto le polemiche di queste ore sui candidati del suo partito.
Ha aggiunto: «Il Pd è il partito che ha fatto la legge anticorruzione con pene più dure di quelle che c’erano prima, ha fatto una legge per cui chi vuole patteggiare perché ha rubato, patteggia ma paga fino all’ultimo centesimo e fino all’ultimo giorno della sua pena. Ha rimesso il falso in bilancio, ha messo l’auto-riciclaggio e ha fatto accordi con Svizzera e Vaticano per riportare i soldi in Italia facendo pagare le tasse, ha fatto la legge sugli ecoreati», insomma una rivendicazione dei risultati dell’attività di governo: «Questo è Pd, perché erano anni che queste leggi venivano vagheggiate, ispirate, sussurrate, noi le abbiamo fatte».
Il candidato De Luca ha poi affermato in una nota: «Renzi ha confermato che chi viene scelto dai cittadini, con un voto democratico, potrà tranquillamente governare. Rimaniamo sui problemi dei cittadini. Prepariamoci a far rinascere la Regione dell’immobilismo e dei 400 consulenti inutili».
Ieri il premier, in un comizio a Perugia, ha lanciato lo slogan delle «tre L»: per «far ripartire l’Italia servono tre L: legalità, lavoro, e leggerezza». Quindi ha ricordato il Jobs Act, la riforma del lavoro, «la cosa più di sinistra fatta negli ultimi anni».
Renzi Sento parlare di impresentabili ma sulla legalità non prendiamo lezioni Il Pd è legalità C’è chi combatte a parole, chi con i fatti