Corriere della Sera

«Signore, apra la porta o gliela buttano giù»

Zurigo, la retata nell’hotel di lusso. L’uscita sotto un lenzuolo per gli accusati

- dal nostro inviato Gianni Santucci

ZURIGO Non è per pietà che gli hanno concesso un lenzuolo bianco e protettivo, ma per privacy. Che in Svizzera è riconosciu­ta come diritto supremo. Anche a quei feudatari del calcio mondiale che due giorni fa sono calati a bordo lago con una sfilata da apparato, Mercedes nere e vetri oscurati, trolley col logo Fifa e valigie Vuitton davanti alla reception, codazzo deferente e suite da 3 mila franchi, inchini e willkommen. Dall’hotel che è una magione ottocentes­ca nel cuore di Zurigo, sono usciti ieri come galeotti, lo sguardo schiacciat­o a terra dal disonore e l’implorazio­ne sussurrata agli investigat­ori: «Per cortesia, mi fate passare da un ingresso posteriore? Per evitare i fotografi». Così un cameriere e un autista tengono su il lenzuolo bianco, a schermare il breve percorso tra l’uscita e lo sportello spalancato dell’auto della polizia. Sgattaiola­no sul marciapied­e i baroni del pallone e delle mazzette. Tre passi e via. Nella scena finale, il contegno elvetico impone che nessuno pronunci l’auf wiedersehe­n, arrivederc­i. All’incrocio della Talstrasse risuona solo l’urlo di un ragazzo che passa in bicicletta: «Fuck Fifa», fottetevi ladroni.

Non è (solo) un albergo, l’hotel Baur au Lac, il più lussuoso di Zurigo, facciata vista lago e fianco sul canale, un pavillon tutto vetri che si allunga nel giardino tra rose e ortensie. Se la città è sede della Fifa, e la Fifa è il regno di Sepp Blatter, il Baur au Lac è il palazzo reale dove alloggia la corte del sovrano. Tra paramenti e vasi cinesi dei corridoi, qui si sono affaticate negli anni le lobby a caccia di voti per assegnare i Mondiali (ora sotto inchiesta) del 2018 e del 2022. E per questo sono sbarca- ti di nuovo tutti qui, i dirigenti Fifa, a baciare ancora la pantofola del 79enne sultano Blatter, pronto a incassare il suo quinto mandato da presidente con la votazione di domani. Un plebiscito adulante, si prevedeva. Di certo, mancherann­o i sette dirigenti finiti in carcere.

All’alba di ieri i poliziotti in borghese si presentano alla reception e chiedono le chiavi delle stanze dei signori Jeffrey Webb, Eugenio Figueredo, Eduardo Li (presidente della federazion­e del Costa Rica, sfilato dietro il lenzuolo), Julio Rocha, Costas Takkas, Rafael Esquivel, Jose Maria Marin. Le operazioni d’arresto seguono una fredda burocrazia che non lascia spazio a strepiti o baccano. Non sono previste manette, ma solo telefonate alle 6 del mattino con il concierge che ripete sempre la stessa frase: «Signore, è necessario che vada subito ad aprire la porta, altrimenti sarà buttata giù. Poi le verrà lasciato il tempo di vestirsi». La retata si conclude dopo le 8. Da quel momento, cala un’atmosfera che un reporter del New York Times descriverà riferendo il dialogo tra altri due funzionari della Federazion­e: « Como estas? ». « Nervioso ».

Il resto della giornata è un susseguirs­i di commenti che girano intorno al concetto di «giustizia a orologeria»: perché proprio alla vigilia del congresso? «Semplici esigenze operative», spiega la polizia. Invece che coordinare arresti sparpaglia­ti in mezzo mondo, più adeguato venire qui dove tutti s’erano riuniti per officiare il rito dell’incoronazi­one.

Il pomeriggio, mentre Blatter annulla un paio di incontri in altri alberghi della città, nella hall del Baur au Lac alcune mogli rimaste sole e spaesate stanno fisse davanti alla Tv. Si abbraccian­o. Qualche lacrima. Per i loro mariti, i fratelli-mazzetta del futbol, si scatena la corsa all’avvocato più affidabile. Obiettivo comune: evitare l’estradizio­ne. Stare alla larga da New York e dai gringos, che non sanno niente di calcio, ma pretendono di bonificarl­o.

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È quello che decine di agenti dell’Fbi si sono portati
via ieri dal quartier generale del Concacaf (l’organo del
calcio del Nordameric­a, Centroamer­ica e
dei Caraibi) a Miami Beach
Il sequestro Scatoloni, ma anche monitor di computer e televisori. È quello che decine di agenti dell’Fbi si sono portati via ieri dal quartier generale del Concacaf (l’organo del calcio del Nordameric­a, Centroamer­ica e dei Caraibi) a Miami Beach

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