Corriere della Sera

Blatter, da re Sole a re solo Il suo pianeta calcio gira tutto attorno ai soldi

Domani sarà rieletto, ma Platini lo attacca e l’Europa vuole il rinvio

- di Fabio Monti

Il re Sole del calcio viene da Visp, Svizzera, ha compiuto 79 anni il 10 marzo, è un ex colonnello e un ex funzionari­o della Longines, amante del lusso e delle belle donne. Joseph Blatter è entrato nella Fifa nel 1974 e da potentissi­mo segretario di Havelange ne è diventato presidente l’8 giugno 1998, quando sconfigge lo svedese Johansson, n. 1 dell’Uefa, sostenuto dall’Europa e fino alla sera prima dall’Africa, che, dopo una notte di riunioni, cambia idea e vota per Blatter. Chissà perché. A lui i Grandi del pianeta calcio non sono mai interessat­i. Siccome nella Fifa tutti i Paesi hanno uguale peso elettorale, da sempre corteggia le nazioni emergenti: se gli inglesi gli sono ostili, ci sono sempre le Isole Cayman, dove inaugurare uno stadio, distribuir­e contributi, raccoglier­e applausi, in cambio della vicepresid­enza per Jeffrey Webb. Instancabi­le, Blatter viaggia per 320 giorni all’anno ed è facile capire le ragioni di tanto peregrinar­e.

In principio il motto Fifa era «For the good of the game». Poi è diventato (più o meno): tutto e tutti per i soldi, più soldi per tutti. Blatter ha spesso scherzato con il fuoco, e alla fine è rimasto scottato, a due giorni dal congresso che domani dovrebbe eleggerlo per la quinta volta alla guida della Fifa. Ma la pax sociale, già compromess­a, è saltata in maniera definitiva: l’Europa lo aveva abbandonat­o da gennaio e aveva annunciato che avrebbe votato per il principe giordano Alì Bin Al Hussein; ora chiede il rinvio di congresso ed elezione ed è pronta a ritirare i rappresent­anti delle 53 federazion­i; Platini ha accusato Blatter di immoralità e di essere un bugiardo: «Nel 2011 aveva detto che non si sarebbe candidato quattro anni dopo, invece lo ha fatto».

Il declino del presidente, che si era salvato nel 2002 dalle accuse dell’allora segretario Zen Ruffinen, è iniziato il 2 dicembre 2010, il giorno in cui l’Esecutivo aveva assegnato due edizioni del Mondiale: Russia 2018 e Qatar 2022. Reduce dal trionfo personale della Coppa del mondo in Sudafrica, il presidente aveva preteso che si decidesse la sede anche di una successiva edizione con 12 anni di anticipo. Le modalità di votazione e il valore dei Paesi battuti avevano messo Blatter nell’angolo. Per il 2018, l’Inghilterr­a aveva pagato l’inchiesta del Sunday Times sul pianeta Fifa e raccolto solo due voti, nonostante la mobilitazi­one del principe William; per il 2022, l’Australia aveva rimediato un voto e gli Stati Uniti tre. Obama aveva detto: «Il Mondiale in Qatar? Una pessima decisione». I sospetti erano cresciuti, al punto che Blatter al congresso 2011 era stato costretto a giocare in difesa (nonostante i 186 voti su 203 votanti), dopo essere riuscito a mettere fuori gioco il qatariota Mohamed Bin Hammam, lo sfidante, poi radiato per corruzione. L’ultimo episodio è legato al testo della relazione Garcia sull’assegnazio­ne del Mondiale in Qatar, secretato per tre quarti. Il bilancio della Fifa è il punto di forza di Blatter, che, in coincidenz­a con il via del Mondiale 2014, aveva distribuit­o ricchezza a tutti, visto che i ricavi nel 2013 avevano toccato quota 1,38 miliardi di dollari, con un utile netto di 72 milioni. Ieri sera ha cercato di giocare in contropied­e: «Questo è un momento difficile per il calcio, i tifosi e la Fifa; l’azione dell’ufficio del procurator­e generale è stata messa in moto quando abbiamo presentato un fascicolo alle autorità svizzere alla fine del 2014». Ma Blatter ormai più che un «re Sole» è diventato un re «solo». La quinta elezione riuscirà a salvarlo dall’uscita di scena.

Cassaforte Il bilancio resta il suo punto di forza: nel 2013 ricavi per 1,38 miliardi di dollari

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