In arrivo 240 milioni da Bruxelles Ma per il Viminale non bastano
Roma vuole trattare sui fondi. Dubbi anche sul sistema dei controlli
possibile un’intesa che prevedesse una distribuzione dei richiedenti asilo più ampia sia nei numeri, sia per le nazionalità e non — come invece si è deciso — limitata a eritrei e siriani.
Alfano è esplicito: «A fine giugno ci sarà il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea e lì capiremo se c’è fregatura». Esprime soddisfazione perché «sono stati aperti 24 mila buchi nel muro di Dublino», dice riferendosi a quel trattato che obbliga i profughi a rimanere nel Paese di primo ingresso fino al termine della procedura di riconoscimento dello status di rifugiati. Ma sa perfettamente che ciò non può bastare, soprattutto se dovesse esserci un’emergenza legata a nuove ondate di sbarchi.
Si fanno dunque i conti e si stima che per gestire l’accoglienza serviranno almeno 250 milioni di euro. Soldi destinati all’acquisto di nuove apparecchiature per il rilevamento delle impronte digitali, all’impiego di un numero maggiore di poliziotti da inviare nei cinque centri di smistamento da allestire entro la fine di giugno e al pagamento delle strutture private che ospitano i richiedenti asilo.
La Commissione europea ha finora stanziato 60 milioni di euro destinati a tutti gli Stati coinvolti nella distribuzione dei profughi. Una cifra ritenuta «irrisoria» dai tecnici del Viminale tenendo conto delle spese sostenute negli ultimi due anni: 650 milioni di euro nel 2014, mentre per quest’anno si prevede di arrivare almeno a 800 milioni di euro.
I ministri trattano e confidano nella collaborazione degli europarlamentari come il capogruppo dei socialisti e democratici Gianni Pittella, sin dall’inizio impegnato nell’attività di mediazione con i colleghi degli altri Stati che adesso avverte: «I governi mettano ora da parte egoismi e rafforzino una strategia che comunque rappresenta una pietra miliare verso la costruzione di una politica comune europea sulla migrazione».
La proposta ha creato divisioni tra i Paesi membri. Favorevoli Germania, Italia e Svezia, i tre Paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richieste d’asilo nel 2014. Contrarie al principio delle quote Francia, Ungheria e Polonia. E pure Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda che dispongono di una via d’uscita istituzionale, l’«opt-out», prevista per loro dai trattati comunitari
Perché un gruppo di Stati blocchi il piano Juncker, questo deve rappresentare il 35% della popolazione Ue; i Paesi contrari (Regno Unito, Irlanda e Danimarca non votano) sembrano non avere i voti per bloccare tutto