Corriere della Sera

Dossier impresenta­bili I partiti contro Bindi Lei: me lo chiede la legge

La presidente dell’Antimafia: finire prima? Impossibil­e Caos tra i «nominati». Oggiano: se colpevole mi suicido

- Monica Guerzoni

La black list dell’Antimafia ha scatenato il caos. C’è l’impresenta­bile che minaccia il suicidio e ci sono i partiti scatenati contro Rosy Bindi. Gli stessi partiti che, all’unanimità, approvaron­o il codice di autoregola­mentazione che ha ispirato la verifica. Domani, alla vigilia del silenzio elettorale, la commission­e scoperchie­rà il pentolone della Campania e la lista degli impresenta­bili sarà completa. Nell’attesa, la polemica rischia di superare il livello di guardia e la Bindi, per respingere l’assalto, affida a una nota dell’Antimafia la risposta a «obiezioni e interrogat­ivi».

La commission­e ricorda di avere per legge «il compito di indagare sul rapporto mafia politica» e di monitorare i tentativi di infiltrazi­one negli enti locali. Quanto ai reati considerat­i «ostativi» alla candidatur­a, sono quelli del codice approvato il 23 settembre 2014, che ha reso i limiti «più stringenti e rigorosi» rispetto alla legge Severino. Per la commission­e la soglia tra bene e male è il decreto che dispone il rinvio a giudizio o la sentenza (anche non definitiva) di primo grado.

Accusata da più parti di strumental­ità e sospettata dai renziani di aver ordito un complotto per indebolire il premier, la Bindi chiarisce che il «controllo di conformità» su oltre 4 mila nominativi rientra tra i compiti istituzion­ali della commission­e. La accusano di aver tirato fuori i nomi in « zona Cesarini»? E lei rispolvera il predecesso­re Giuseppe Pisanu, il quale effettuò il controllo sulle liste «solo dopo le elezioni del 2009 e impiegando diversi mesi». Lei è il primo presidente, rivendica tra le righe, a offrire «un contributo di conoscenza preventivo». Ma la verifica non poteva iniziare prima? No. «Non prima che fossero completati tutti gli adempiment­i previsti dalla legge in merito alle candidatur­e». E perché il lavoro si è impantanat­o? Perché in Italia, si giustifica, non esiste «un sistema informativ­o unico sui dati giudiziari». Venerdì l’elenco sarà completo. E se i partiti protestano, la Bindi li invita alla coerenza: «La scelta e il complesso percorso di verifica sono stati sempre concordati e condivisi in ufficio di presidenza».

Lupi, Schifani e Quagliarie­llo di Ap parlano di «autogol dell’Antimafia». Il sottosegre­tario Del Basso De Caro (Pd) definisce l’intervento dell’Antimafia «tardivo e inopportun­o». Forza Italia, con Brunetta, sprona Bindi perché prenda posizione su De Luca, «il più impresenta­bile di tutti». E via così, un crescendo che culmina con Grillo che accusa di omertà «Rosy Boccacucit­a Bindi».

Resi i noti i nomi dei quattro pugliesi non in linea con il codice etico, mancano all’appello una decina di candidati campani. Un numero ufficiale non c’è ed è impossibil­e determinar­lo, perché sono ancora in corso le verifiche su 400 fascicoli arrivati (in grande ritardo) dalle Province. «Non abbiamo mai detto che nell’elenco ci sono 17 nomi — smentisce le voci il vicepresid­ente Claudio Fava —. Cifre da cabala campate in aria». E mentre l’Antimafia verifica le posizioni di sindaci e amministra­tori di Comuni sciolti per

Vicepresid­ente mafia — con il rammarico di non poter inserire nella lista nera le mogli (incensurat­e) candidate al posto di mariti poco raccomanda­bili — la rivolta dei partiti riflette gli umori del territorio. I quattro pugliesi fanno a gara nel dirsi virtuosi. «Sono innocente», giura Oggiano. «Se colpevole, mi suicido», drammatizz­a Copertino. Palmisano annuncia esposti contro l’Antimafia. E Ladisa: «Io non mi ritiro».

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