Corriere della Sera

IL RISCHIO DI ALIMENTARE IL PARTITO DEGLI ASTENUTI

- Di Massimo Franco

La gara di purezza morale che stanno ingaggiand­o i partiti a quattro giorni dal voto di domenica appare comprensib­ile e insieme sconcertan­te. Scaricare sulla Commission­e parlamenta­re antimafia il compito di certificar­e la presentabi­lità di un candidato sta provocando un cortocircu­ito. E spostare sul piano etico la competizio­ne finisce per sottolinea­re le difficoltà di una classe politica che fatica a legittimar­si. Il rischio è quello additato dal presidente del Senato, Pietro Grasso: che come conseguenz­a «il partito più forte sia quello dell’astensioni­smo».

Senza volerlo, anzi nel tentativo di scongiurar­e una diserzione dalle urne, tutti sembrano lavorare per quell’obiettivo. La trappola di alcune liste imbottite di cosiddetti «impresenta­bili» e l’incertezza su un responso che dovrebbe premiare il governo nelle sette regioni chiamate al voto, sono indizi di una campagna elettorale scivolosa. Il senatore del Pd nell’Antimafia, Franco Mirabelli, dichiara che «a oggi i cittadini di quattro regioni possono stare tranquilli», perché lì non ci

I fronti Il caso De Luca in Campania e la lista degli «impresenta­bili» stanno provocando un corto circuito politico

sarebbero liste con persone sospettate di reati.

Ma in questo modo conferma che altrove la situazione è più opaca; e proprio mentre il centrodest­ra accentua l’attacco al presidente del Consiglio perché non prende le distanze da Vincenzo De Luca, condannato in primo grado e aspirante governator­e della Campania. Anche perché De Luca ripete che «per Renzi la legge Severino è un problema superabile»: insinuando il sospetto che palazzo Chigi stia pensando ad una modifica in corsa delle norme. D’altronde, il vicesegret­ario del Pd, Lorenzo Guerini, assicura che «De Luca è candidabil­e, eleggibile e insediabil­e».

La polemica ormai è così aspra che viene tirata dentro la stessa Rosy Bindi, presidente dell’Antimafia, chiamata da FI a «parlare con chiarezza del caso De Luca». È un pasticcio dal quale non sarà facile uscire. Nessuno è stato capace di prevedere che il problema sarebbe lievitato, in una situazione di malessere sociale ed economico. «La selezione dovevano farla prima, i partiti», incalza il vicepresid­ente della Camera, Luigi Di Maio, del M5S, che spera di erodere consensi al Pd. Renzi sa che l’attacco concentric­o mira al governo, e risponde: «Sulla legalità non prendiamo lezioni».

Il premier rivendica di avere «impresso una svolta alla lotta alla corruzione»; e approvato «in tredici mesi leggi attese per anni. Non siamo tutti uguali». Ma la Campania rimane una piccola grande zavorra, individuat­a anche dalla stampa internazio­nale come punto debole del rinnovamen­to renziano. E Silvio Berlusconi spera in un miracolo. Sostiene di attendersi dalle urne «una sorpresa, vedendo la progressio­ne dei sondaggi»: anche se finora, i segnali sono frustranti per FI. E la competizio­ne con la Lega per il primato del centrodest­ra sta diventando conflitto.

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