Né lavoro né studio per un giovane su quattro
L’Ocse: tasso di occupazione fino a 29 anni fermo al 52,9%. Nei Paesi industrializzati 39 milioni di ragazzi a rischio Poletti: dati vecchi, adesso la svolta. Lettera di Renzi a Squinzi (Confindustria): lavorare insieme per il bene del Paese
Ce lo ripete l’Ocse (ma ce l’aveva già detto l’Istat): il problema numero uno per l’Italia del lavoro è dare occupazione ai giovani. Nel mese di marzo, infatti, l’Istituto di statistica aveva registrato un nuovo record del tasso di disoccupazione dei 15-24enni: 43,1%. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti guarda al futuro: «I dati Ocse si riferiscono al periodo 2007-2013. Oggi c’è il Jobs act e credo che questa possa essere davvero la svolta».
A offrire spunti d’ottimismo è la classifica sulla competitività dei Paesi stilata come ogni anno dall’Imd di Losanna. L’Italia nel 2015 balza dal 46esimo al 38esimo posto. Anche di competitività e lavoro si parlerà oggi all’assemblea annuale di Confindustria che nell’anno di Expo si terrà tra i padiglioni dell’Esposizione universale di Milano. Il premier ieri ha fatto recapitare una lettera al presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, in cui invita a continuare «a lavorare insieme uniti per il bene del Paese e dell’Europa». Oltre ai ringraziamenti per «una sfida vinta insieme» — quella di Expo — Matteo Renzi mette nero su bianco la condivisione del governo del paradigma confindustriale per cui «il manifatturiero va messo al centro dell’economia».
D’altra parte è anche dalla ripresa di un settore-traino come il manifatturiero che dipende la soluzione del rebus dell’occupazione giovanile. Tornando ai dati Ocse, i ragazzi sotto i 29 anni che né lavorano né vanno a scuola nel 2013 in Italia sono arrivati al 26,09%. Fanno peggio di noi solo, nell’ordine, Turchia, Grecia e Spagna. Da notare che rispetto al 2008 i Neet sono aumentati di 5 punti percentuali. In complesso, nei Paesi Ocse i ragazzi «né, né» — né sui banchi, né assunti — nel 2013 erano 39 milioni.
Lo «Skills outlook» illustrato ieri dall’Ocse — rapporto sulle relazioni tra competenze e lavoro — colloca il nostro Paese al penultimo posto per il tasso di occupazione giovanile, fermo al 52,79%. Fa peggio di noi la sola Grecia (48,49%). La percentuale di giovani che lavorano, rileva ancora l’Ocse, in Italia è scesa di quasi 12 punti percentuali (era del 64,33% nel 2007), un calo tra i più elevati nell’area Ocse. Anche qui sono solo tre i Paesi che fanno peggio: la Grecia (-23,9%), la Spagna (-20,5) e l’Irlanda (-14,2).
I giovani italiani non trovano lavoro i motivi sono diversi e intrecciati tra loro. Tra questi c’è sicuramente il fatto che — come sottolinea l’Ocse — nessun Paese fa peggio di noi per numerosità dei giovani con basse competenze letterarie: uno su cinque, pari al 20%. La percentuale è addirittura superiore quando si parla di competenze matematiche: 26%. Ma in questo caso c’è una magra consolazione. Gli Usa fanno peggio di noi. Arrivando a sfiorare il 30% di giovani che non sanno far di conto.