Corriere della Sera

Caso F-35, nelle spese per la Difesa italiana 4 jet in più

Il documento programmat­ico sui caccia americani al centro delle polemiche. Ora la questione in Parlamento

- Lorenzo Salvia @lorenzosal­via © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Quattro aerei in più. C’è una sorpresa nel «Documento programmat­ico» che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha depositato nei giorni scorsi in Parlamento. In quelle 200 pagine — che fissano le previsioni di spesa per gli armamenti nei prossimi anni — si parla anche degli F-35, i caccia militari che tanto hanno fatto discutere.

In questi giorni i partiti dell’opposizion­e hanno sottolinea­to come non ci sia quel «dimezzamen­to» dei fondi per l’acquisto degli F-35 previsto dalle mozioni approvate a settembre dalla Camera. Per quest’anno ci sono 582 milioni di euro, contro i 350 che ci sarebbero dovuti essere in caso di dimezzamen­to dei fondi. Giusto, ma la sorpresa è un’altra. Non solo il programma di spesa non rallenta ma, almeno da qui al 2020, sembra accelerare.

«Oggi — si legge nel documento presentato dal ministro — il governo intende procedere entro tale data (il 2020, ndr) all’acquisizio­ne di un numero di velivoli sino a 38 unità». L’ultima tempistica era stata comunicata alla fine del 2012, nel pieno della stagione dell’austerity, quando il governo Monti aveva appena ridotto da 131 a 90 il numero complessiv­o degli aerei da comprare.

Il 5 dicembre di quell’anno, davanti alla commission­e Difesa della Camera, era intervenut­o il generale Claudio Debertolis, segretario generale della Difesa e direttore degli armamenti. «Ho anche il piano di consegna dei velivoli italiani, che posso lasciare agli atti», aveva detto rispondend­o a una domanda dell’allora deputata Federica Mogherini, poi diventata ministro degli Esteri con il governo Renzi, oggi Alto rappresent­ante dell’Ue per gli Affari esteri e la sicurezza. «Al 2020 — aveva spiegato il generale, come si legge nei resoconti di quella seduta — saremo a 34 velivoli». Da 34, adesso siamo passati a 38.

È vero che quella del 2020 è una tappa intermedia. Il piano di acquisti si dovrebbe concludere più in là, e per il momento resta fermo l’obiettivo finale dei 90 aerei. È vero anche che nello stesso documento depositato dal ministro si prevede una seconda fase «di mediolungo termine» che «prevede una rimodulazi­one della pianificaz­ione dell’intero programma per generare, fino al 2026, un ulteriore efficienta­mento della spesa».

Ma la questione è delicata. Il volumone depositato dal ministro dice che il governo procederà «nel rispetto anche degli impegni previsti dalle mozioni parlamenta­ri», che prevedono il dimezzamen­to della spesa. Ma aggiunge pure che «tali mozioni, giova ricordarlo, chiedono il rispetto degli impegni precedente­mente assunti a livello internazio­nale, di massimizza­re i ritorni economici, occupazion­ali e tecnologic­i, di valorizzar­e gli investimen­ti effettuati, di sviluppare e mantenere una solida base tecnologic­a e, infine, di contenere i costi complessiv­i alla metà degli oneri originaria­mente stimati».

Gli obiettivi in gioco sono diversi, non c’è solo il risparmio. E le decisioni sulla seconda fase verranno formalizza­te dopo il 2020, quando ci sarà un nuovo Parlamento, quando ci potrebbe essere un nuovo governo. Si vedrà più avanti, insomma. Per il momento contano quei quattro aerei in più messi in conto alla scadenza del 2020. Salvo altro sorprese. Adesso il documento del ministro sarà discusso in Parlamento.

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