Corriere della Sera

Don Vincenzo incredulo: era una buona azione, confido nella giustizia terrena

- Gian Guido Vecchi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Ovviamente, resto a disposizio­ne dell’autorità inquirente e confido totalmente nella giustizia terrena». A metà pomeriggio di una giornata scandita dalle telefonate con l’avvocato, monsignor Vincenzo Paglia mette nero su bianco e lima e fa trasmetter­e alle agenzie di stampa poche righe sorvegliat­e che fanno trapelare solo una parte del suo sconcerto.

Chi gli è vicino fa notare che un vescovo in una diocesi ha dei collaborat­ori e non controlla di persona i movimenti dei conti, che vede e parla con un sacco di persone e non ha idea se una chiacchier­ata al telefono col sindaco costituisc­a una «fattispeci­e delittuosa» che ti può mettere nei guai, che quel progetto gli era stato presentato come una «buona azione, addirittur­a meritoria»: il «castello-convento» che va in rovina e nessuno vuole, una possibilit­à di «crescita del patrimonio immobiliar­e» della diocesi per farne un «uso ecclesiast­ico» o magari «un centro di ospitalità e di cultura», il tutto «portando beneficio al territorio».

Trapelano esclamazio­ni incredule: «Va bene tutto, ma è verosimile pensare che io vada a comprare un castello, così, per poi rivedermel­o?». Suona tutto beffardo, per il prete che all’inizio degli anni Settanta era parroco di Santa Maria in Trastevere e ha accompagna­to fin dai primi passi la Comunità di Sant’Egidio, della quale è consiglier­e spirituale. La missione tra anziani, poveri, tossici, clochard, le iniziative internazio­nali di pace e dialogo ecumenico e interrelig­ioso, e dopo dodici anni a Terni la nomina nel 2012 a «ministro» del Vaticano, come presidente del pontificio Consiglio della Famiglia, una scelta di Benedetto XVI confermata da Francesco. Paglia è l’arcivescov­o che si fa chiamare «don Vincenzo» e ha fatto da postulator­e alla causa di beatificaz­ione di Óscar Romero, il teologo che ha dedicato il suo ultimo libro alla Storia della povertà, sottotitol­o: «La rivoluzion­e della carità dalle radici del cristianes­imo alla Chiesa di papa Francesco». E adesso torna la storia del «buco da 25 milioni» nelle casse della diocesi e si mescola alla faccenda del castello e a quell’altro buco di oltre un milione.

Così monsignor Paglia fa notare anzitutto di aver saputo tutto «fin dall’alba» da «alcuni organi di informazio­ne», in Rete, e scrive: «Trovo singolare vedere notificato tutto ciò alla stampa prima che al sottoscrit­to. Sino a questa sera infatti non ho ricevuto alcun avviso di conclusion­e delle indagini preliminar­i». Detto questo, dopo qualche ora e altre telefonate pomeridian­e, fa chiarire che la storia del castello e quella del buco nelle casse diocesane «sono due faccende totalmente distinte». Nel senso che la «sofferenza economica» risaliva a prima dell’arrivo di Paglia, agli anni Novanta, e nel frattempo «il debito è stato risanato». Nel 2013, la Congregazi­one dei vescovi mandò a Terni come «amministra­tore apostolico» monsignor Ernesto Vecchi, ausiliare di Bologna, per risolvere la faccenda in attesa del successore.

Il ripianamen­to del debito non c’entra nulla con il castello e «mettere tutto assieme serve a dare un’immagine negativa, qualcosa non quadra, come si volesse metterlo in cattiva luce», sospira chi gli è vicino. Tutto per quella che doveva essere una « buona azione». Amareggiat­o ma sereno, «don Vincenzo» non ha l’aria di voler mollare: «Poiché le informazio­ni pervenute in queste ore precedono tutti gli atti garantiti, ritengo necessario tutelare fin da ora la mia immagine nelle opportune sedi civili e penali».

La difesa «Me l’avevano presentato come un intervento per portare benefici al territorio»

 ?? (foto Principi) ?? Monsignore Vincenzo Paglia, 70 anni, è presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Per 12 anni è stato vescovo di TerniNarni-Amelia che ha lasciato nel 2013 (rimosso dal Papa). In alto, il Castello di San Girolamo di Narni
(foto Principi) Monsignore Vincenzo Paglia, 70 anni, è presidente del Pontificio consiglio per la famiglia. Per 12 anni è stato vescovo di TerniNarni-Amelia che ha lasciato nel 2013 (rimosso dal Papa). In alto, il Castello di San Girolamo di Narni

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