Corriere della Sera

Il crudele divario tra regole e comune sentire

- Di Giusi Fasano

Certo, dal punto di vista giuridico il ragionamen­to sarà ineccepibi­le. I giudici sapranno motivare ogni passaggio e capiremo, leggendo la sentenza, che hanno escluso quell’aggravante — la crudeltà — solo per amor di Giustizia. D’accordo. Altra cosa è rendere tutto questo accettabil­e per chi piangerà per sempre l’assenza di Melania. Sua madre o suo fratello, per esempio. Sapere che il caporalmag­giore Parolisi l’ha massacrata con 35 coltellate (davanti alla loro bambina) senza per questo essere stato crudele, non dev’essere un concetto così facile da comprender­e. Non a caso il fratello Michele, che pure ritiene sia stata fatta Giustizia, dice che «credo si possa definire crudeltà» sia «averla uccisa in quel modo» sia «averlo fatto mentre lei sapeva che la bambina era presente». D’istinto verrebbe da pensare così a chiunque. Ma le regole non sono stabilite dal comune sentire e qualche volta ciò che vuole il codice stride con ciò che si ritiene di buon senso. Sarà sempre insanabile la distanza fra il prezzo che l’assassino paga alla giustizia e quello che paga, al proprio futuro, chi ha perduto una persona cara. E questo svantaggio perenne rende spesso intollerab­ile per i parenti della vittima qualsiasi attenuante. Per il nostro codice sarebbe stata crudeltà voler infliggere alla vittima sofferenze oltre a quelle necessarie per commettere l’omicidio. Ci sarebbero volute l’indole malvagia e nessuna umana pietà. E invece la sentenza di ieri dice che nella furia omicida di Parolisi tutto questo non c’era.

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