Le fabbriche crescono più del Pil «Manifatturiero, aumento del 2%»
Il rapporto Intesa Sanpaolo sui settori, su auto ed elettrodomestici
Potremmo definirlo un riposizionamento su vasta scala della nostra industria manifatturiera. Che ha abbandonato la «rincorsa dei volumi a tutti i costi» ormai appannaggio delle produzioni asiatiche e ha virato sapientemente verso l’alto di gamma e destinazioni commerciali più remunerative. In dieci anni è aumentata di circa il 10% la quota di esportazioni a più alto valore aggiunto (dal 31% al 40%) meno aggredibili dalla contraffazione e meno esposte alla concorrenza globale sulla leva del prezzo.
È la prima istantanea del rapporto sui settori industriali di Intesa Sanpaolo in collaborazione con Prometeia. Analisi che conferma la «svolta Italia» rilevata recentemente anche dall’amministratore delegato di Ca’ de Sass Carlo Messina. La crescita del manifatturiero in realtà sarà ben superiore della (prevista) crescita del prodotto interno lordo. L’ipotesi - per il 2015 - è di un aumento del fatvera turato del sistema manifatturiero dell’1,8% con un guadagno di oltre 13 miliardi di euro. Rileva Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo, che si tratta del combinato disposto tra fattori esogeni e ciclici (svalutazione competitiva dell’euro nei confronti del dollaro, deprezzamento del petrolio e tassi bassi per effetto del quantitative easing della Bce) ed effetti endogeni derivanti dal bonus fiscale 80 euro e dalla neofita riforma del lavoro che ha introdotto maggiori elementi di flessibilità in uscita. In realtà la bilancia propende soprattutto sui primi, considerazione che non permette troppi slanci di entusiasmo per una ripresa «strutturale», ma semmai va derubricata ad una più «congiunturale».
La novità stavolta sta nella «progressiva e piena» ripresa della domanda interni di consumo di beni durevoli, trainata soprattutto dalla ripresa dell’auto e di veicoli industriali. De Felice la attribuisce ai sette anni di Grande Crisi che hanno comportato un’obsolescenza di elettrodomestici e automobili, tale da non poter più procrastinare il ricambio. Certo è che la componente di export è comunque irrinunciabile e sembra giovarsi di una maggiore contaminazione dell’imprenditoria femminile nell’industria manifatturiera. Rilevazione di genere che riflette migliori «soft skills» come l’internazionalizzazione, l’innovazione e il marketing. Una sorta di passaporto verso i mercati internazionali.
L’«alto di gamma» Aumenta del 10% in 10 anni la quota di export italiano sul lusso e l’«alto di gamma»
fabiosavelli