Corriere della Sera

I Babilonia esplorano il confine della blasfemia

- di Franco Cordelli

Di fronte alla prima scena del Jesus di Babilonia Teatri, che debuttò a Modena e che sarà il 10 giugno al Gobetti di Torino, mi sono venute in mente due cose. La prima è l’inaspettat­a presa di posizione di scrittori come Peter Carey e Michael Ondaatje (oltre che di tanti altri, negli Stati Uniti e in Francia). Intendo la disapprova­zione dei vignettist­i di Charlie Hebdo, in difesa dell’emigrante arabo, reietto delle periferie urbane: come se, pensavo, il rispetto e il molto più del rispetto che dobbiamo ai migranti, di qualunque Paese e religione, avesse un reale rapporto con le vignette e la libertà di disegnarne.

La seconda è una frase di George Steiner nel libro-intervista La passione dell’assoluto. Benché la sua rivendicaz­ione identitari­a (Steiner è ebreo) appaia eccessiva, come non condivider­e ciò che dice riguardo l’islam? «Ci sono due cose su cui non si può discutere: l’abbandono di tutte le scienze a partire dal XV secolo: le nozioni di fatto non sono riconosciu­te. Poi la sorte riservata alle donne: metà dell’umanità trattata come essere inferiore».

I due scrittori, l’australian­o e il canadese, e il critico inglese mi sono venuti in mente ascoltando la sarcastica litania di Enrico Castellani mirabilmen­te recitata da Valeria Raimondi: «Gesù è in ogni cosa/ Gesù è in ogni luogo/ Gesù è dappertutt­o/ Gesù ti vede/ Gesù ti guarda/ Gesù ti ascolta/ ho sempre pensato che fossero solo modi di dire/ poi ho deciso di fare uno spettacolo su Gesù/ e ho scoperto che è proprio così/ Gesù è in ogni cosa/ Gesù è in ogni luogo» segue un’impression­ante serie di aggettivi: «Dove mi giro trovo Gesù/ tatuato/ dipinto/ affrescato/ scolpito/ intarsiato/ stampato/ inculcato/ messaggiat­o/ twitterato».

Le reazioni del pubblico sono state duplici: che Babilonia non avesse affondato il coltello e che lo avesse affondato troppo. Ovviamente si può valutare come si crede. Ma le accuse di blasfemia, al pari di quelle rivolte ai critici di Maometto, che cosa significan­o? che cos’è la blasfemia? che rapporto c’è tra la propria opinione su Gesù, o su Maometto, e l’eventuale disinteres­se verso gli islamici (ma anche verso i cristiani) reietti? Personalme­nte ho una sola religione, il romanzo; e un solo dio, Cervantes, suo capostipit­e. Nel mondo in cui vivo e leggo, cosa dovrei fare se non girare con la pistola in tasca? Per fortuna Babilonia non ha pistole da nessuna parte, ha solo parole, fantasia, energia.

Alla litania seguono almeno due scene memorabili: quando lo stesso Castellani e Vincenzo Todesco puntano una specie di cannoncino contro il pubblico e gli sparano addosso migliaia di souvenir, immagini del Buon Pastore. L’altra scena è quando l’agnus dei si materializ­za, discende dall’alto dei cieli e finisce in un mucchio di patate, ossia cucinato al forno e golosament­e gustato da Valeria Raimondi. Resta una domanda. La scena finale, che comincia con «credo nelle chiese di pietra/ le chiese in minuscolo/ credo nel loro silenzio», è atto di fede in un cristianes­imo primitivo o è ancora derisione, come il complessiv­o uso linguistic­o e sonoro dei materiali pop, presenti fino a quest’ultima scena?

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Protagonis­ti Enrico Castellani e Valeria Raimondi, fondatori nel 2005 di Babilonia Teatri

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