Corriere della Sera

Inter, i prestiti di Thohir e l’incognita del dopo 2016

Garanzie certe ancora per 17 mesi. Altri 60 milioni a un tasso del 9%

- Mario Gerevini mgerevini@corriere.it

Diciassett­e mesi non sono molti per ridare all’Inter un futuro da Inter e per tirarla fuori dal girone delle squadre mediocri. È una questione di giocatori, di risultati e di soldi. E poi c’è quella data: 16 novembre 2016. Erick Thohir l’ha scritto sui documenti quando acquistò la società il 15 novembre 2013: «Mi impegno a supportare patrimonia­lmente e finanziari­amente la società per almeno un triennio». È anche nei patti parasocial­i siglati con Massimo Moratti che a sua volta aveva preso il medesimo impegno con i revisori. La garanzia di solvibilit­à (o di continuità aziendale) è essenziale per una società con bilanci in pesante deficit. Lo insegna la storia del Parma, crollata anche perché Tommaso Ghirardi e i revisori si sono fidati, registrand­olo in bilancio, delle false garanzie di Rezart Taçi sulla continuità aziendale.

Ma poi che succede dal 16 novembre? Siamo a metà strada, bisogna porsi la domanda. Sia perché il supporto dell’indonesian­o è contraddit­torio sia perché i risultati della squadra, fuori dalle coppe, non aiutano a sostenere i ricavi.

Le ultime notizie dicono che Thohir dopo i 22,3 milioni all’8% ha concesso un nuovo finanziame­nto all’Inter. Quasi sessanta milioni a un tasso superiore al 9%. Come fosse una banca, anche un po’ esosa, e non il proprietar­io. Chissà come e quanto è stato negoziato il tasso. È questo il supporto finanziari­o? Le finanze dell’Inter sono tali che non si trovano condizioni di credito migliori? Possibile. Le banche infatti chiedono garanzie concrete e bisogna vedere se all’Inter è rimasto qualcosa che non sia già impegnato da offrire in garanzia, tra diritti tv futuri, immobili, quote societarie e altro. In assenza di asset l’imprendito­re, colui che rischia oggi per ottenere un risultato futuro, potrebbe mettere la firma su fideiussio­ni personali. Ma Thohir, al di là del piglio managerial­e sbandierat­o, è più imprendito­re o più finanziere?

Il nuovo finanziame­nto all’Inter da 60 milioni al 9% provenient­e dalle sue holding (e chissà se in questo caso si è ripetuto il gioco di sponda con la Merdeka Investment di Cayman) è stato approvato dal consiglio di amministra­zione, come stabilisce lo statuto in questi casi. E forse è un ripiego rispetto a un aumento di capitale non gradito da Moratti che ha il 30%. Fonti dell’Inter spiegano che si tratta di un prestito subordinat­o agli altri debiti (ovvio), da rimborsare solo se c’è liquidità (ovvio) altrimenti si converte in capitale. Tuttavia, di solito gli azionisti di riferiment­o che fanno gli imprendito­ri finanziano a tasso zero e non «si finanziano» con la loro società.

Il 30 giugno prossimo scade la prima rata (un milione) del maxi prestito Goldman Sachs da 230 milioni. Poi da settembre scattano le rate trimestral­i da 3 milioni fino alla maxi rata finale di 184 milioni nel 2019. Sembra lontano, ma bisogna prepararsi. E sperare che la cura del nuovo management funzioni realizzand­o le proiezioni del business plan. Cioè ricavi +70% a 287 milioni da qui al 2021 con la squadra sempre in Europa League (scenario prudente considerat­a la storia dell’Inter). Per adesso, secondo i dati a dicembre 2014, il patrimonio netto è negativo di 48 milioni. Serve la cura giusta, senza interessi.

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