Corriere della Sera

Troppo insofferen­te al carcere. Il boss ai domiciliar­i in villa

I giudici di Milano d’accordo con lo psichiatra: per il detenuto cella o comunità sono luoghi persecutor­i

- Cesare Giuzzi

Quella di Giulio Lampada è un’avversione così forte verso sbarre, divise e camici bianchi da rendere le sue condizioni incompatib­ili con il carcere. E non conta che il 44enne arrestato a fine 2011 con l’accusa di essere il braccio economico e relazional­e della cosca Condello di Reggio Calabria a Milano, sia nel frattempo stato condannato in appello a 14 anni e 4 mesi per associazio­ne mafiosa. Perché Giulio Lampada, Boss Giulio Lampada 44 anni come stabilito venerdì sera dai giudici del Tribunale del Riesame di Milano terminerà di scontare la sua pena non in un carcere, ma nella sua villa-bunker di Settimo Milanese, alle porte del capoluogo lombardo.

Secondo i giudici, che hanno accettato la tesi dei difensori Giuseppe Nardo e Vincenzo Vitale, le condizioni di salute del boss della ‘ndrangheta sono incompatib­ili sia con la carcerazio­ne, sia con il ricovero in una struttura psichiatri­ca e perfino con la sua permanenza nella comunità protetta in provincia di Savona dove, lo scorso ottobre, era stato affidato a causa del suo stato depressivo provocato dall’insofferen­za per celle e uomini in divisa.

Decisivo è stato il parere del perito incaricato dal Riesame, lo psichiatra torinese Elvezio Pirfo, che pur escludendo la presenza di una «malattia in senso stretto», ha qualificat­o il suo malessere come il segnale di disturbi che potrebbero aggravarsi: «L’ulteriore permanenza nei luoghi ritenuti persecutor­i e vissuti come ostili con molte probabilit­à indurrebbe azioni a rischio per la sopravvive­nza e quindi è tale da determinar­e l’incompatib­ilità con il carcere», ha scritto il medico. Per questo motivo il boss terminerà di scontare la sua pena ai domiciliar­i con la moglie e le figlie. Davanti ai medici (27 quelli che lo hanno visitato dal suo ingresso in carcere) Giulio Lampada ha detto di essere vittima di una persecuzio­ne giudiziari­a. Con lui era stato arrestato anche l’ex giudice di Palmi Giancarlo Giusti, morto suicida lo scorso marzo nel giorno in cui la Cassazione ha confermato la condanna a 3 anni per corruzione.

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