LA GENEROSITÀ DI CHAVEZ E IL PREZZO DEL PETROLIO
Ho letto che in Venezuela il prezzo della benzina è rimasto bloccato da 15 anni ed è dell’ordine di qualche centesimo di dollaro al litro. Quando tentarono di aumentarlo ci fu una rivolta popolare, con scioperi e scontri che durarono diversi giorni e causarono centinaia di morti in tutto il Paese. È vero che il Venezuela è ricco di petrolio, ma che differenza con l’Italia che è gravata da accise a non finire anche risalenti alla conquista dell’Abissinia! Non si può negare che quella di Hugo Chávez fu una buona presidenza.
Porfirio Russo porfirio.russo@live.it
Caro Russo,
Fu una buona presidenza per i venezuelani che pendevano dalle sue labbra quando appariva sullo schermo televisivo, ogni domenica mattina, e parlava ininterrottamente per qualche ora mescolando promesse politiche, riflessioni economiche e sociali, ricordi personali, filippiche contro gli odiati yankee e inni a Simón Bolívar, il grande patriota latinoamericano di cui si considerava una reincarnazione. Fu una buona presidenza per quei venezuelani a cui garantiva una decorosa assistenza sanitaria, benzina a buon mercato e negozi popolari dove i prezzi erano generosamente politici. Fu una buona presidenza, infine, per tutti quei Paesi (Cuba e Bolivia in testa) che potevano contare su continue forniture di petrolio a prezzi di favore.
Aveva un grande disegno politico? Disse di essere stato influenzato dal «Libro Verde» di Gheddafi e ostentò la sua ammirazione per Ilich Ramirez Sanchez, meglio noto come Carlos, il terrorista che sconta l’ergastolo nelle carceri francesi per avere ucciso due poliziotti e un informatore libanese a Parigi nel 1975. Era un caudillo latino-americano, forse davvero convinto che la libertà del continente nel XXI secolo dipendesse dalla creazione di un fronte internazionale contro l’impero a nord del Rio Grande. Ma su ogni strategia prevalse un esuberante egocentrismo. Era un istrione assetato di popolarità, continuamente alla ricerca di un palcoscenico. Voleva il potere e lo conquistò, dopo il fallimento di un colpo di Stato nel 1992, grazie alla sua prodigiosa retorica populista. Fu spregiudicatamente autoritario, nazionalizzò il mercato del petrolio, si sbarazzò dei suoi avversari a colpi di decreti. Ma non sarebbe giusto negare che il consenso di cui godeva era radicato nel Paese. Ne abbiamo avuto una indiretta conferma quando il suo pupillo e successore, Nicolás Maduro, ha vinto le elezioni del 14 aprile 2013. La vittoria non è stata un trionfo (50,6% contro il 49,1% del candidato dell’opposizione), ma dimostra che il carisma di Chávez resiste alla sua scomparsa. Resisterà alla crisi economica e sociale di un Paese dove l’inflazione ha toccato il 60%? Molto dipende dal prezzo della principale risorsa venezuelana. Se il barile non registrerà aumenti più consistenti, lo Stato assistenziale di Chávez dovrà fare una drastica cura dimagrante, con tutte le conseguenze politiche che potrebbero derivarne.