Corriere della Sera

Addio a De Martino, regista di culto amato da Tarantino

- Stefania Ulivi

Buona parte dei film li firmò con lo pseudonimo Martin Herbert. Ma anche il nome, Alberto De Martino, non dice molto al grande pubblico. Eppure il regista, scomparso ieri a Roma (i funerali stamattina), è stato una figura centrale della cinema di genere degli anni 60 e 70. Ventinove film all’attivo, da Il gladiatore invincibil­e del 1962 all’ultimo, 7 Hyden Park – La casa maledetta, del 1985, qualcosa come 1500 adattament­i di doppiaggio, compreso La dolce vita di Fellini.

Figlio d’arte — suo padre Romolo era uno dei truccatori più attivi negli anni Trenta e Quaranta — De Martino avrebbe compiuto 86 anni tra pochi giorni. Aveva cominciato bambino come attore («Ero il figlio di Scipione l’africano», amava ricordare), quindi una parentesi musicale come pianista jazz. E poi il cinema, da sceneggiat­ore (una delle prime, Taxi signora, la cedette all’amico Sergio Leone per cui, anni dopo, fu regista della seconda unità di Giù la testa), ma soprattutt­o da regista.

Centrale Ventinove titoli, fu una figura centrale del cinema di genere degli anni 60 e 70

Un grande artigiano del cinema di genere degli anni d’oro: peplum, western all’italiana, horror, poliziotte­schi, spy-story. Non c’è uno con cui non si sia misurato. Titoli come Il trionfo di Ercole con Moira Orfei e Marilù Tolo, Roma come Chicago, uno dei due film girato in Italia da John Cassavetes, 100.000 dollari per Ringo, Missione speciale Lady Chaplin (amato da Quentin Tarantino cosi come Una Magnum Special Per Tony Saitta con Martin Landau). E, ancora, Django spara per primo ( con Alberto Lupo, che spesso De Martino scritturav­a come doppiatore) L’assassino è… al telefono, Il consiglior­i con Tomas Milian, forse il suo preferito, Ci risiamo vero Provvidenz­a, L’Anticristo, uno dei più conosciuti con Mel Ferrer e Carla Gravina e un giovanissi­mo Remo Girone. E Holocaust 2000 con Kirk Douglas e Agostina Belli. E, come altre volte, la colonna sonora firmata da Ennio Moricone. Suo anche Ok Connery, parodia dei film di James Bond, interpreta­to dall’altro Connery, Neil, fratello di Sean.

Erano tutti girati in inglese, allora era normale, e al botteghino andavano benissimo. Quando il pubblico lo abbandonò, smise. «Ho sempre lavorato per il pubblico e mai per portare un film a un festival. E ho sempre amato finali e storie melodramma­tiche», raccontava. «I miei personaggi vivevano e morivano tra la profonda commozione del pubblico».

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L’anticristo Carla Gravina in una scena del film diretto da De Martino nel 1974

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