Lavori truccati, proteste Il Campidoglio nel caos
Nel mirino la gara per il restauro dell’aula Giulio Cesare dove si riuniscono i consiglieri Lavori affidati con un bando su misura a Fabrizio Amore, imprenditore coinvolto in Mafia Capitale
Altri sei arresti legati al malaffare a Roma: truccati persino gli appalti per il restauro dell’aula del consiglio comunale. E mentre il Campidoglio era assediato dai manifestanti, al grido di «Onestà» ( in foto), in Regione si dimetteva il capogruppo pd Vincenzi, citato nelle carte di Mafia Capitale.
Prima ancora che le buste con le offerte venissero aperte, Fabrizio Amore poteva già festeggiare la sua certa vittoria. I lavori per il «restauro delle superfici decorate e impianti dell’aula Giulio Cesare del Palazzo Senatorio», prestigiosa sede consiglio del comunale in Campidoglio, non gli sarebbero sfuggiti, scranni e mosaico romano inclusi. E d’altronde, nel lotto delle cinque imprese partecipanti, tre erano a lui riconducibili grazie a un bando ritagliatogli su misura.
Si faceva così le ossa, nel 2010, uno degli imprenditori finiti nella seconda ondata di Mafia Capitale perché accusato, con la sua coop Progetto Recupero, di aver alterato la gara per l’accoglienza di 580 persone. E se nella maxi inchiesta della Dda è accusato di reato in concorso con Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, all’epoca di questa altra indagine, il 2010, il colluso è il direttore dell’area tecnica territoriale della Sovrintendenza capitolina, Maurizio Anastasi, che con due delibere dirigenziali aveva anche provveduto ad alzare il valore iniziale dell’appalto da un milione a un milione e duecentomila euro. I due sono stati arrestati per turbativa d’asta in un’inchiesta che a vario titolo ha portato ai domiciliari altre quattro persone accusate di far parte di un’associazione che, dietro fatture false, ha evaso oltre 11 milioni di euro. Amore, ritenuto dal gip «senza dubbio l’organizzatore e il promotore, con il comune di Roma ha fatto affari anche sull’adeguamento degli uffici del IV Municipio, di una scuola elementare e dei mercati comunali.
E sull’organizzazione di Buzzi e Carminati si è pronunciata ieri la Cassazione, dandole il definitivo marchio di «mafiosità». Una sentenza motivata sulla «forza intimi-datrice basata non solo sulla violenza, rimasta il più delle volte inespressa, ma sui rapporti con vecchi e nuovi amici entrati in politica e nelle società pubbliche». L’associazione dice ancora la sentenza, è cresciuta «grazie alla sistematica corruzione, che ha agito a due livelli, come tappo per le società concorrenti come bavaglio di assoggettamento e omertà». Il pronunciamento riguarda la ratifica delle misure cautelari per alcuni dei personaggi chiave, come Buzzi, Franco Panzironi e Luca Odevaine (per il quale è esclusa l’accusa di mafia, ma che la Cassazione definisce un «vero e proprio insider al servizio di Buzzi»). Struttura a «raggiera» o a «reticolo» al cui vertice è Carminati, Mafia Capitale «si è avvalsa di una capacità di intimidazione già collaudata in settori criminali più “tradizionali”», ed esportata «in forme più raffinate», in campo amministrativo ed imprenditoriale.
Ieri, intanto, l’ex assessore alla casa del comune, Daniele Ozzimo, ha ottenuto i domiciliari: «Tutta la sua attività amministrativa non è stata rivolta a beneficio di Buzzi», festeggia l’avvocato Luca Petrucci.