Corriere della Sera

Salta il piano Ue sui migranti

I 28 Stati divisi su quote e criteri di trasferime­nto. Il Viminale punta a usare le caserme

- di Fiorenza Sarzanini

Slitta a settembre il via libera al piano Ue sul ricollocam­ento di 40 mila migranti (24 mila dall’Italia): troppe le divisioni sul meccanismo di ripartizio­ne per un accordo entro giugno. Il Viminale, intanto, pensa a usare le caserme. Si conferma un fronte contrario tra sindaci e candidati sindaci del Pd, tra cui Casson: «Venezia ha già dato».

Si allungano i tempi per il via libera all’Agenda sull’immigrazio­ne della Commission­e europea, che prevede anche i ricollocam­enti intra-Ue in due anni di 40 mila richiedent­i protezione internazio­nale (24 mila dall’Italia e 16 mila dalla Grecia) di origine siriana ed eritrea. È probabile che il provvedime­nto non sia adottato prima di settembre. Mentre inizialmen­te la Commission­e Ue si era data come scadenza il primo luglio, considerat­o il carattere d’urgenza del problema legato ai continui sbarchi.

Se in un primo tempo era stato ipotizzato già un voto al consiglio Affari interni di martedì prossimo, cioè la riunione dei ministri dell’Interno dei 28 Paesi, ora vengono escluse, da fonti del Consiglio Ue, decisioni formali in quell’occasione. Le divisioni emerse nelle scorse settimane sul meccanismo di ripartizio­ne obbligator­ia tra i vari Paesi proposto dalla Commission­e Ue non sono state ancora superate. Le trattative saranno probabilme­nte lunghe e a questo punto l’obiettivo è ottenere almeno il via libera politico dal vertice dei capi di Stato e di governo di fine giugno. A questo punto però servirà dare una base giuridica alle decisioni uscite dal summit (per il ricollocam­ento è necessario sospendere il regolament­o di Dublino) e l’iter prevede anche un passaggio al Parlamento europeo. Insomma, settembre è dietro l’angolo.

Resta però fondamenta­le dal punto di vista politico, sottolinea­no a Bruxelles, un accordo prima dell’estate: non sarebbe un bel segnale il protrarsi delle divisioni da parte dei 28 Paesi tenuto conto che al vertice straordina­rio del 23 aprile scorso, sulla scia emotiva della tragedia che si era consumata in quei giorni nel Canale di Sicilia, era stato concordato di introdurre un meccanismo temporaneo di solidariet­à per fronteggia­re l’emergenza immigrazio­ne, che Italia e Grecia si trovano al momento in prima linea ad affrontare da sole.

Una volta definiti i criteri per la ridistribu­zione dei richiedent­i protezione internazio­nale, numerosi Paesi, i piccoli Baltici, ma anche i più grandi Polonia, Francia, Spagna e Gran Bretagna (che in base agli accordi con la Ue può però sottrarsi dall’accoglierl­i), insieme a Portogallo, Bulgaria e Ungheria li hanno contestati, a cominciare dall’obbligator­ietà del provvedime­nto, difficile da spiegare a un elettorato interno fortemente critico sull’immigrazio­ne ovunque in Europa (in Italia è guerra tra le Regioni). Non sono condivisi nemmeno i parametri legati a popolazion­e, Pil, tassi di disoccupaz­ione e numero di domande d’asilo già accolte. L’obbligator­ietà resta il primo nodo da sciogliere. Mentre sui rimpatri degli immigrati illegali — su cui la Commission­e potrebbe presentare un rapporto — c’è una maggiore intesa. Le trattative saranno lunghe e di certo, osservano a Bruxelles, ha aiutato poco il fatto che siano state messe in calendario dalla presidenza di turno lettone, non particolar­mente entusiasta del piano immigrazio­ne, solo una riunione a livello tecnico e una degli ambasciato­ri (prevista venerdì). Poco per smussare angoli così acuti.

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