Corriere della Sera

Scuola, al Senato il governo va sotto Ma Renzi: porteremo a casa la riforma

La parità in Commission­e equivale a un parere negativo. Assenti i tre ncd

- Alberti Guerzoni, Voltattorn­i

Dieci voti a favore, dieci contrari: ma la parità in commission­e Affari costituzio­nali al Senato equivale al parere negativo. Per il governo è un passo falso sulla riforma della scuola, e l’assenza dei 3 centristi sembra un messaggio al premier. Che dice: «In Aula altri numeri, la riforma la portiamo a casa».

Dieci a dieci. Governo battuto: la Buona scuola ha dei profili di incostituz­ionalità. Dieci voti a favore. Dieci contrari, una parità che in commission­e Affari Costituzio­nali del Senato equivale ad un parere negativo e che costringe la maggioranz­a ad andare sotto. Tutti i senatori Pd hanno detto sì al ddl 1934, inclusa la presidente della Commission­e Anna Finocchiar­o. Ma in dieci dell’opposizion­e hanno votato no e tra questi Mario Mauro, l’ex Popolari per l’Italia appena uscito dalla maggioranz­a oggi nel Gruppo misto: «La Buona scuola è scritta male, fermiamoci a riflettere».

Ma nella prima Commission­e al Senato ieri sono mancati soprattutt­o i tre voti di NcdArea Popolare e dei suoi senatori Gaetano Quagliarie­llo, Andrea Augello e Salvatore Torrisi. «Non è successo niente»; «solo un incidente tecnico»; «un infortunio»; «andiamo avanti» dicono al Pd. E pure il presidente dei senatori Ncd-Ap Renato Schifani parla di «fatto casuale e puramente tecnico a cui non bisogna attribuire un valore politico: la riforma della scuola va fatta e andrà avanti come accaduto per altri provvedime­nti». Ma certo l’assenza contempora­nea di tutti e tre i senatori centristi fa molto rumore, perché sembra essere «un messaggio per Renzi e il Pd», un modo per dire: «La maggioranz­a non è solo il Pd» e «la Buona scuola non può essere una partita interna al Pd: se c’è uno spirito costruttiv­o bene, altrimenti le cose saranno più difficili». E visti i numeri scarsi su cui può contare il Pd in commission­e Istruzione al Senato non c’è da scherzare.

Anche perché certe «aperture» di Renzi su potere dei presidi, valutazion­e e tempi di discussion­e («se servono altri 15 giorni prendiamoc­eli») non sono molto piaciute ai colleghi di governo «preoccupat­i» che «andare oltre il 20 giugno pregiudich­i tutta la riforma». Così come non piace la lettera dei 50 della minoranza Pd per togliere la detrazione fiscale per le scuole superiori paritarie, tema molto caro a Ncd tanto da essere riuscito ad ottenere alla Camera l’innalzamen­to degli sgravi anche alle secondo ciclo.

Ma quello che è successo nella I Commission­e per il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta «è l’inizio della fine, Renzi ha ironizzato sul Vietnam e ora il Vietnam è arrivato». E i 5 Stelle parlano di «clamoroso tonfo al Senato » , co s ì come Sel di «battuta d’arresto per una riforma che non piace a nessuno». Ieri è anche slittato il parere della commission­e Bilancio, cosa che contribuis­ce ad allungare i tempi.

Ma il senatore Pd Andrea Marcucci presidente della commission­e Istruzione a Palazzo Madama conferma che invece «il ddl continua il suo iter al Senato: abbiamo deciso di affrontare un confronto vero sugli oltre 2mila emendament­i, scelta che dovrebbe essere salutata con favore dalle opposizion­i». E infatti ieri fino a notte i senatori della VII commission­e hanno esaminato le possibili modifiche al testo. «La disponibil­ità all’ascolto è massima», ribadisce la senatrice Pd Francesca Puglisi relatrice del ddl con Franco Conte (Ncd-Ap). E proprio da questo confronto potrebbero arrivare quelle aperture chieste soprattutt­o dal mondo della scuola. Perché se sul numero delle stabilizza­zioni la partita sembra essere definita (100.701 dalle graduatori­e ad esauriment­o), è sui poteri del preside e valutazion­e che potrebbero esserci novità. Il mandato del preside dovrebbe durare al massimo due cicli (6 anni) e il suo lavoro sarebbe più subordinat­o al consiglio d’istituto. Sulla valutazion­e poi potrebbe spuntare un’agenzia ad hoc con componenti esterni preparati e scelti per concorso chiamati a valutare il lavoro del dirigente scolastico.

Ma le proteste continuano. E al blocco degli scrutini ieri nel Lazio e in Lombardia ha aderito, secondo i Cobas, il 90 per cento dei docenti.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy