Antimafia, nuove tensioni Pd-Bindi
Duro scontro tra la presidente e Carbone che attacca l’operazione «impresentabili» Ma il capogruppo dem in commissione Mirabelli media: il tema dimissioni non esiste
Anche dopo l’affondo notturno di Vincenzo De Luca, che alla direzione del Nazareno ha attribuito all’Antimafia un’azione «eversiva e infame» sui cosiddetti impresentabili alle elezioni, la presidente della commissione Rosy Bindi non indietreggia di un solo passo. Anzi, nella riunione del gruppo pd a San Macuto, affronta con piglio deciso due parlamentari dem calabresi, Ernesto Carbone ed Ernesto Magorno, fino poi a pretendere le scuse dell’intero gruppo pd per il trattamento ricevuto.
Eppure il vice presidente dell’Antimafia, il socialista Marco Di Lello, non esclude «dimissioni» o «sfiducia» per Bindi ma il capogruppo del Pd in commissione, Franco Mirabelli, è assai prudente: «È sbagliato l’uso che è stato fatto del codice di autoregolamentazione ma la presidente resta. Il tema delle sue dimissioni non è stato posto». Il caso De Luca — il governatore della Campania che è in attesa di esser sospeso per effetto della legge Severino e, dunque, a prescindere dalla lista dei 15 impresentabili in cui è stato inserito — ha l’effetto della benzina gettata sul fuoco. E l’incendio sta divampando nel gruppo pd dell’Antimafia con il renziano Ernesto Carbone che ha chiesto alla presidente Bindi la data esatta in cui l’Antimafia ha ricevuto le carte dal procuratore di Salerno, Corrado Lembo, con il casellario di De Luca: «A me risulta che siano state spedite il 27 maggio per cui chiedo perché tenere tutto segreto fino al 29?». La Bindi avrebbe risposto che lei ha potuto visionare i documenti solo il 29 ma il battibecco con il collega di partito è degenerato quando Carbone ha teorizzato che gli «impresentabili» andavano «convocati in contraddittorio prima di essere inseriti nella lista». «Ci rivediamo nelle sedi opportune», avrebbe replicato la presidente che non ha perdonato a Carbone il tweet: «Bindi ha violato la Costituzione».
In realtà tanto zelo nel fare le pulci al codice di autoregolamentazione dell’Antimafia non si era visto prima che nella lista comparisse, il venerdì antecedente la domenica elettorale, anche il nome di De Luca. Ora la presidente Bindi difende la sua imparzialità nell’«applicare alla lettera» il codice senza esclusioni ma nel Pd, in vista della seduta plenaria della commissione Antimafia di stasera, c’è chi vuole mettere a verbale che in futuro bisognerà agire diversamente.
Per questo il capogruppo dem, Mirabelli, intende «lasciare traccia» nella seduta di stasera per evitare «che il ripetersi di un pericoloso precedente»: «Va valutato se e come la commissione deve intervenire sulla valutazione delle liste prima delle elezioni. Sicuramente non va ripetuta l’esperienza di queste settimane». Mirabelli propone di tornare all’antico quando si dava via libera all’analisi delle candidature solo dopo la chiusura delle urne. Interventi critici verso Bindi sono arrivati dai campani Bossa, Manfredi e Piccolo ma anche Rosaria Capacchione non ha fatto sconti sul metodo usato. A difendere la presidente è sceso in campo il capogruppo di Sel, Arturo Scotto. In serata, l’ufficio di presidenza della commissione ha approvato il calendario dei lavori: Mafia Capitale, Italgas, missione in Calabria, audizioni del ministro Orlando e del procuratore Roberti. In mezzo ci sarà spazio per il chiarimento sugli impresentabili.