Corriere della Sera

Giovane rom fa battezzare la figlia Accoltella­ta dal suocero islamico

Olbia, lei si era accostata al cristianes­imo chiedendo l’elemosina fuori da una chiesa

- Alberto Pinna © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

OLBIA Accovaccia­ta sul sagrato della parrocchia Nadia tendeva la mano per l’elemosina all’uscita della messa. Così da più di tre anni, ogni domenica, anche pochi giorni prima che mettesse al mondo il suo bambino. Era anche entrata qualche volta in chiesa e aveva, lei musulmana, osservato con curiosità l’altare, la statua della Madonna, immerso le dita nell’acquasanti­era. Poi un giorno ha fermato il viceparroc­o: «Voglio che mio figlio sia battezzato». Così è stato. Ma in famiglia (rom bosniaci di religione islamica) si sono spalancate le porte dell’inferno: picchiata più volte - accusano i carabinier­i - dal suocero infuriato per «l’affronto». Pochi giorni fa si è accanito ancora. Davanti al marito, che non ha mosso un dito per difenderla, ha cercato di sfregiarla con le forbici, l’ha colpita con un coltello, le ha fratturato la mandibola e una vertebra: 40 giorni di cure. Il suocero ora è in carcere per maltrattam­enti e lesioni gravi. Nadia e il suo piccolo Antonio, 3 anni (nomi di fantasia) sono usciti dall’ospedale. Il marito e il suocero volevano portarle via il bambino.«Li abbiamo tenuti per un po’ sotto protezione in caserma - riferisce il colonnello Alberto Cicognani - e ora sono in mani sicure».

Nadia, 22 anni, esile, biondina, «bella e brava ragazza» aggiunge don Andrea Raffatellu, parroco di Sacra Famiglia. Lei non si è convertita al cattolices­imo. La famiglia del marito vive da parecchi anni a Olbia, possiede anche terreni vicino a un campo nomadi. Hego Adzovic, il suocero, 52 anni, fedina penale corposa (soprattutt­o furti, è uscito di prigione un anno fa), ha due mogli, 13 figli. «Patriarca autoritari­o, in famiglia nessuno osa contraddir­lo». Il primogenit­o ha sposato Nadia, un «contratto» fra genitori, rito rom. «Era terrorizza­ta - risulta dal rapporto dei carabinier­i - in ospedale tutt’intorno aveva i parenti, non la lasciavano un attimo. Per due volte, nel 2013 e l’anno successivo, il suocero l’ha bastonata e costretta a tacere. Ora ha avuto il coraggio di denunciare».

Naturalmen­te gli Adzovic raccontano tutt’altra verità. «Non è stata picchiata. In ospedale ha detto che è caduta e si è fatta male». Lei e il marito andavano d’accordo: due mesi fa hanno ottenuto dal tribunale i documenti per sposarsi civilmente in municipio. Hego, condannato tempo fa per traffico d’armi a 5 anni e poi assolto in appello, dal carcere obietta: «Se mi accusano di furti, può anche andare. Ma picchiare una donna mai! Se mi permettess­i di farlo, nessuno fra i capifamigl­ia rom darebbe più in sposa sua figlia a uno dei miei figli». Nadia aveva alle spalle un precedente matrimonio, giovanissi­ma, sempre rito rom. Adzovic verrà interrogat­o oggi, presente il suo avvocato Paola Milia.

«È una ragazza timida, quando chiedeva l’elemosina quasi si vergognava - ricorda ancora don Andrea - so che voleva ritornare dal padre e dai fratelli, lontano dalla Sardegna. Qualcuno cercava di aiutarla ad acquistare il biglietto e andar via col bambino». Il battesimo e la fuga, offese che per la «legge» del patriarca Adzovic dovevano essere esemplarme­nte punite.

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